Un esempio di (euro)lungimiranza liberale
Erroneamente, il mandato come Ministro della Difesa di Antonio Martino, storico economista liberale, tra i fondatori di Forza Italia (la FI che c'ha fatto inutilmente sognare...), è stato bollato col marchio dell'antieuropeismo.
In realtà, è patrimonio storico dei liberali, un'idea di Europa che non sia solo tecnocratica e appannaggio di qualche furbone...
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A400M, il bidone evitato da Martino: grazie Antonio!
Oscar Giannino
Oggi primo volo dell’A400M, il velivolo da trasporto militare del consorzio pubblico Airbus-EADS. Nel 2001-02, l’allora ministro della Difesa Antonio Martino tenne fuori l’Italia dal megacontratto europeo, che accomuna Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo, Spagna, Regno Unito e Turchia. All’epoca, l’opposizione levò fuoco e fiamme, accusandolo di antieuropeismo. Fui tra i pochi a difendere la bontà della scelta. Oggi più che mai penso sia giusto – lo faremo in pochi – tributare il giusto omaggio a Martino. Aveva visto lontano. Il contratto fu firmato nel 2003, le consegne dovevano cominciare nel 2010. Invece il programma è in ritardo di anni, e forse – forse – le prime vere consegne arriveranno nel 2014. Perché prima bisogna risolvere il problema degli extra costi, passati da 20 a 25 miliardi di euro. Con EADS, il gruppo franco-tedesco più strapuntino spagnolo di fatto pubblico, che rifiuta di addossarseli per la sua inefficienza come da contratto, e chiede invece li paghino i governi. Avremmo dovuto sobbarcarci a spese pazze, mentre tagliamo i bilanci della Difesa. Senza per altro avere gli aerei. È esattamente questa l’Europa statalista e sprecona dalla quale stare sempre lontano, tutte le volte che ci si riesce. Grazie Antonio!
CREDITS: IBL/Chicago Blog
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L’A400M, il pragmatismo di Martino e gli europeisti immaginari
Merito ad Oscar Giannino per aver tirato fuori la questione e merito soprattutto ad Antonio Martino di aver tenuto fuori l’Italia dal programma A400M, il velivolo da trasporto militare costruito dal consorzio Airbus-Eads che nei giorni scorsi ha effettuato il primo volo di prova. Il programma marcia con diversi anni di ritardo rispetto alle stime iniziali, se pensiamo che l’entrata in servizio dell’aereo era inizialmente fissata al 2007, poi al 2009, al 2010 ed ora ancora più in là: si dovrà probabilmente aspettare il 2014 per le prime consegne del velivolo ai Paesi aderenti al programma (Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo, Spagna, Regno Unito e Turchia). Con i ritardi, sono lievitati anche i costi, passati da circa 20 miliardi di euro agli attuali 25.
Insomma, si può davvero parlare di “bidone”, come fa Giannino? “La mia opinione – scrive su Epistemes.org Andrea Gilli, ricercatore di Relazioni Internazionali presso lo European University Institute di Fiesole – è che l’A400M non sia un bidone, ma che l’Italia abbia fatto bene a non farvi parte”.
Intervistato da Libertiamo.it, il ricercatore argomenta così la sua posizione: “Martino ha fatto una scelta corretta, ma non per i motivi elencati da Giannino. Di programmi d’arma che rispettano i costi e i tempi ce ne sono davvero pochi e in questo l’A400M è in buona compagnia: pensiamo all’Eurofighter o al F-35/22 Lightning JSF, due programmi cui partecipa anche l’Italia, entrambi fuori tempo e fuori costo”. La scelta dell’allora ministro della Difesa, continua Gilli, “fu dettata principalmente da tre fattori: primo, i nostri C27J dovranno essere rimpiazzati solo fra 10 o 15 anni e l’A400M sarebbe quindi arrivato, anche calcolando i ritardi, troppo presto rispetto ai piani di ammortamento della nostra flotta; secondo, la situazione di bilancio non consentiva molta fantasia; infine, l’accordo industriale non era dei più vantaggiosi per l’Italia, sia in termini di work-sharing che rispetto al ruolo che il nostro Paese avrebbe avuto nel consorzio”. In poche parole, l’Italia avrebbe partecipato ai costi del programma, ma le leve decisionali del consorzio sarebbero state sostanzialmente precluse al nostro Paese. Uno schema classico cui molti “europeisti immaginari”, per usare un’espressione di Martino, amano soggiacere.
Rispetto alla dotazione delle forze armate italiane, nel suo articolo su Epistemes.org Gilli specifica la sua posizione: “Le nostre forze armate erano già dotate di un adeguato mix di C27J prodotti da Alenia e di C130 Hercules prodotti dalla Lockheed Martin. Seppur di dimensioni minori, erano comunque recenti (specie i C27J), e dunque non vi era l’impellenza di sostituirli. Dunque quell’acquisto, sebbene importante per le capacità europee, era in contraddizione con le nostre necessità operative. La stessa cosa non si può dire per i francesi e i tedeschi, che dovevano sostituire i loro (vecchissimi) Transall C-160, e gli inglesi (con i loro C17 Globmaster)”.
Con la sua decisione, sottolinea Daniele Sfregola, giurista ed esperto di relazioni internazionali, “Martino ha sicuramente tutelato l’interesse nazionale, il principio-
base di ogni decisione assunta da un ministro della Difesa. Certo, ha anche accentuato la debolezza intrinseca dell’Europa unita come giocatore nello scacchiere politico-militare…”. Accentuato o semplicemente evidenziato? “Dipende dai punti di vista – continua Sfregola – ma i fatti, anche se allarghiamo la visuale e inglobiamo lo stato dell’arte del processo d’integrazione europea, sembrano aver dato ragione a Martino”. Non è certo su quel programma d’arma che si giocava e si gioca il futuro della costruzione europea.
Piercamillo Falasca - Nato a Sarno nel 1980, laureato in Economia alla Bocconi, è fellow dell’Istituto Bruno Leoni, per il quale si occupa di fisco, politiche di apertura del mercato e di Mezzogiorno. È stato tra gli ideatori di Epistemes.org. E’ vicepresidente dell’associazione Libertiamo. Ha scritto, con Carlo Lottieri, "Come il federalismo può salvare il Mezzogiorno" (2008, Rubbettino) ed ha curato "Dopo! - Ricette per il dopo crisi" (2009, IBL Libri).
CREDITS: Libertiamo

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