giovedì 9 giugno 2011

La mia posizione sui REFERENDUM del 12-13 giugno

In questi ultimi gg. pre-referendum ritengo opportuno. in forza del mio impegno diretto nella vita pubblica, dire la mia sui 4 quesiti, invitando innanzitutto la gente ad ANDARE A VOTARE, indipendentemente dalla scelta favorevole o contraria a questo o a quel referendum.

Io voto SI sul quesito concernente il cosiddetto 'legittimo impedimento', perchè Berlusconi o non Berlusconi, per me è e resta qualcosa pro pochi e quindi a discapito del corpo sociale tutto. Al contrario, voterò NO sui quesiti definiti 'sull'acqua', perchè da liberista convinto e impenitente, continuo a preferire i privati (purchè monitorati seriamente e scrupolosamente) a qualsiasi carrozzone pubblico. Infine, ad oggi, sono intenzionato a restituire/rifiutare la scheda sul nucleare, trovandomi su una posizione 'mediana' tra il non essere aprioristicamente un 'antinuclearista', ma diffidando che un Governo del genere o un suo simile, possano trattare una materia così delicata nel modo più consono e opportuno.

Ricordate: si vota DOMENICA 12 GIUGNO dalle 8 alle 22 e LUNEDì 13 GIUGNO dalle 7 alle 15!!!

lunedì 23 maggio 2011

QUESTO BLOG SI PREPARA ALLA RIVOLUZIONE...bis

Ci siamo quasi...

sabato 21 maggio 2011

QUESTO BLOG SI PREPARA ALLA RIVOLUZIONE...

Stay tuned, it's time 4 a REVOLUTION here...

mercoledì 16 febbraio 2011

L'Italia ha bisogno di una parte politica legalitaria, riformista, liberale

Ma ora si lavori davvero per la nuova destra
di Alessandro Campi


da il Riformista del 16 febbraio 2011


A fare politica con il vento in poppa, con i giornali e le televisioni che rilanciano ogni tuo sospiro, col mondo intero che ti osserva e si interroga sulla tua prossima mossa, sono bravi tutti. Il difficile viene quando gli interlocutori del giorno prima ti voltano all’improvviso le spalle, perché delusi dai tuoi comportamenti o perché convinti che la stagione felice sia terminata e tu non abbia più nulla da dire e da dare.

Tre mesi fa Gianfranco Fini era considerato, sebbene non di primissimo pelo, l’homo novus della politica italiana, per le posizioni coraggiose e innovative che aveva assunto nel corso del tempo, per il piglio da statista col quale interveniva nel dibattito pubblico e per la determinazione con la quale aveva lanciato la sua sfida a Berlusconi. Gli apprezzamenti nei suoi confronti si sprecavano.

Oggi, per bene che vada, lo si considera un comprimario di Casini, il capo di una fazione minoritaria e rissosa, un politico senza una strategia chiara e senza più idee che valga la pena discutere, ridottosi per sopravvivere a inseguire la sinistra e le parole d’ordine dell’antiberlusconismo più becero. Sul suo futuro nessuno scommetterebbe più una lira.

La crisi – politica e d’immagine – di Fini era cominciata quel fatidico 14 dicembre, il giorno del voto di fiducia al governo. Poteva essere una vittoria storica, si risolse in un mezzo disastro, causato – secondo molti osservatori – dalla sottovalutazione della reale forza del Cavaliere e dal tono arrogante e inutilmente aggressivo col quale ci si preparò a quell’appuntamento.

Smaltita la legnata nelle settimane successive, l’occasione del rilancio poteva essere rappresentata dall’appuntamento congressuale del 12-13 febbraio, che avrebbe ufficializzato la nascita del suo nuovo partito. Ma anche quest’occasione è andata largamente persa. Sfortunata è stata certamente la contingenza politica, dominata dalle vicende giudiziarie di Berlusconi e dalla crisi nel mondo arabo, che ha contribuito a relegare l’evento milanese tra le notizie secondarie.

Ma il capolavoro mediatico l’hanno fatto, a lavori conclusi, gli stessi protagonisti. Dopo le incertezze della vigilia, dominata dai pronunciati politicamente ondivaghi dei principali esponenti del Fli, dagli interventi all’assemblea costituente era emersa, seppure a fatica, una linea ufficiale e finalmente chiara: niente accordi strategici con la sinistra o ammiccamenti all’antiberlusconismo militante, ma un solido ancoraggio al moderatismo riformatore europeo. Non siamo la destra che rinasce dalle proprie ceneri e rivendica l’orgoglio delle proprie radici – aveva detto Fini per l’ennesima volta. Siamo il centrodestra del futuro, un partito-movimento post-ideologico, aperto ed inclusivo: esattamente quel che il Pdl doveva essere e non è stato. Siamo piccoli, aveva aggiunto, ma potremo crescere nei consensi, dopo esserci strutturati a dovere, quando scoppieranno le contraddizioni interne al mondo berlusconiano e diventerà a tutti più chiaro il senso della nostra proposta politica.

Bene, il tempo di spegnere i riflettori, per vedere l’effetto che tali discorsi avrebbero potuto avere sull’opinione pubblica e tra gli osservatori, e tra i maggiorenti del neonato Fli – il partito del cambiamento e dei giovani, del senso dello Stato e della pacatezza – è scoppiata una pubblica e indecorosa gazzarra sugli incarichi previsti dall’organigramma, sino a minacciare chi le dimissioni e chi, addirittura, l’eventualità di una scissione. Col bel risultato di azzerare in tempo reale quel po’ di curiosità politica che l’appuntamento aveva suscitato.

Messa così sembrerebbe la fine di un’avventura, sembrerebbe la storia di un partito nato e subito morto tra gli spasmi. Ma come detto le qualità di un politico (e di un gruppo dirigente) si giudicano nei momenti procellosi. I consensi al Fli, dopo quest’esordio infelice e dopo gli entusiasmi illusori dei mesi scorsi, sono al minimo storico, ma proprio questa dura realtà dovrebbe spingere Fini a meditare sugli errori del passato e a fare finalmente sul serio, nella consapevolezza che le buone idee, purché coltivate a dovere, in politica possono anche vincere.

Per paradossale che possa sembrare, l’intervento di Fini a Milano – eccezion fatta per il tortuoso e infelice passaggio sulle sue dimissioni da Presidente della Camera, oggetto di uno scambio politico oggettivamente irricevibile per Berlusconi – è stato più pregnante di quello, sovreccitato e un tantino avventuristico, tenuto a Bastia Umbra.

Questa volta ha spiegato ancora meglio cosa sia la “destra nuova” che gli piacerebbe costruire anche in Italia e della quale l’Italia, drogata dal berluscon-leghismo, avrebbe bisogno: legalitaria, riformista, liberale, ancorata alla storia senza nostalgie, meritocratica e dialogante, patriottica e costituzionale. Ha chiarito che il futuro (che ispira, insieme alla libertà, il nome del suo partito) non è un espediente retorico, ma l’orizzonte necessario della politica, ridottasi in italiana a semplice gestione dell’esistente. Ha picchiato duro su Berlusconi, evitando però di insultarlo sul piano personale. Ha ribadito la sua preferenza per il bipolarismo, con tanti saluti al Terzo Polo. Ha fatto appello ai giovani come vera speranza di cambiamento per questo disgraziato Paese. Ha invocato lo spirito di unità contro le divisioni che oggi attraversano la società italiana.
Ha insomma indicato un cammino di lungo periodo, il contrario esatto delle piccole manovre da corridoio nelle quali s’era perso nelle settimane precedenti. Un cammino – duro e faticoso, tutto in salita – che a questo punto è l’unica cosa che gli resta. Gli uomini che ha con sé, come si è visto in queste ore, non sono tutti all’altezza di questa sfida e di questo impegno: se ne perderà qualcuno, ora che i numeri in Parlamento non gli servono più, sarà persino un bene. Ma il problema è se lui per primo, spesso descritto come incostante e pigro, se la sente di traversare il deserto e di faticare in vista di un obiettivo politicamente entusiasmante ma dall’esito incerto.

Del partito che ha fondato prima o poi dovrà assumere la guida diretta, se non vuole che gli scoppi tra le mani. Gli ha dato un nome suggestivo e un’identità di massima, serve ora dargli un’articolazione sul territorio, un gruppo dirigente motivato e se possibile non imbolsito da decenni di militanza politica, una struttura di governo autenticamente pluralistica e democratica e, per finire, un programma d’azione più concreto ed esplicito, soprattutto in materia economica.

Prima o poi il mondo berlusconiano si sfascerà, l’elettorato moderato tornerà libero e disponibile, si creeranno nuovi equilibri e nuove aggregazioni. Le chances future di Fini, che al momento sembra non averne nessuna, dipenderanno dalla sua capacità a rendersi, in quel preciso momento, un interlocutore politicamente credibile, con alle spalle un partito solido e pieno di idee. Al momento sembra fantascienza, ma chissà. La politica è una bestia strana: oggi sei un uomo finito, domani ti trovi a governare un Paese.

sabato 13 novembre 2010

Intervista a Filippo Rossi, direttore di 'Caffeina' e di 'FareFuturoWebMagazine'



Intervista: Federico Zuliani
Operatore: Michele Sganzerla
Location: Bastia Umbra (PG)

martedì 9 novembre 2010

Il 'Manifesto per l'Italia' letto da Luca Barbareschi - Bastia Umbra (PG), 6 novembre 2010

martedì 2 novembre 2010

Antonio Martino interviene all'incontro del Tea Party a Milano, 11/10/2010

Ecco il mio programma di governo ideale x l'Italia...