I pericoli della "globalizzazione antropologica" (Essere "globali" è "da liberali"?)
A qualcuno potrebbero esser già venuti i sudori freddi, per cui liberiamo subito il campo da eventuali equivoci. Nessuna svolta "tremontiana" contro la globalizzazione economica, che è anzi un cardine del liberismo.
Ma, uscendo da un ambito meramente economico, e parlando della globalizzazione cme fenomeno omnicomprensivo, ritengo non possa non saltare all'occhio una "contraddizione antropologica".
La globalizzazione socio-culturale, è innegabile, ha aumentato oltre la soglia di saturazione, il suo "fenomeno degenerativo", la massificazione.
Persone tutte uguali, vestite nello stesso modo, che mangiano le stesse cose e parlano con un linguaggio "universalizzato".
Tutto ciò cozza contro il "particolarismo umano" che, sebbene bandiera di una certa "destra glocal" (il cui "vate" è Marcello Veneziani), dovrebbe invece interessare in primis i liberali.
E' il particolare che differenzia un individuo da un altro, e sulla specificità di ogni persona ci differenziamo dalla visione "numerica" dello Stato-Chiesa marxisto-comunista.
Sono le differenze che fanno risaltare il merito, ad esempio. Ed il merito è uno dei cardini del pensiero liberale; non serve certo star qui a spiegare che è giusto partire "tutti uguali", ma che "vinca il migliore", e non "siamo e rimaniamo tutti uguali", con al massimo qualcuno "più uguale di altri"...
Basandoci su questo, credo si possa affermare che, a livello antropologico e culturale, essere "globali" sia molto distante dall'essere "Liberali".

1 Commenti:
La fallacia del liberalismo e, ancor di più dell'attuale selvaggio neoliberismo, sta proprio in questo: che, pur partendo tutti allo stesso livello, ci debba per forza essere un vincitore. È l'applicazione socio-economica del darwinismo. Inutile dire che è ingannevole assimilare la vita a una continua competizione. Siamo tutti formalmente uguali, è vero. È vero anche che la uguaglianza sostanziale mette a rischio la libera autodeterminazione degli individui. Ma non vedo che cosa c'entri la normale difesa della ricchezza delle differenze con la competizione, con la guerra di tutti contro tutti.
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