Polemiche già sentite e la colpa della politica
Sull'articolo di Vittorio Feltri contro di Gianfranco Fini
di Filippo Rossi
Vittorio Feltri è andato all'attacco. Con un lungo articolo sul Giornale ha riassunto le critiche che in questi mesi, ciclicamente, hanno preso di petto l'azione politica di Gianfranco Fini. In sintesi, la tesi è questa: «Caro Gianfranco, non sei più di destra». Già risentita, insomma. Niente di nuovo sotto il sole del dibattito politico. Comunque, avere l’onore di una prima pagina di un grande quotidiano è una dimostrazione di interesse che non può essere derubricata alla semplice polemica politica.
È segno piuttosto che nel centrodestra è in corso un dibattito che non potrà che far bene al futuro di una famiglia politica che troppe volte tende a degenerare nel semplice signorsì: ogni discussione su quel che siamo e su quale strategia il centrodestra si deve dare è una ricchezza irrinunciabile per affrontare al meglio le sfide che ci aspettano. Sfide politiche, prima di tutto. Ma anche sfide culturali che riguardano intimamente l’identità di un “Popolo della libertà” che, proprio in quanto “popolo”, non può che essere un’identità complessa e articolata. E che non possa essere che così lo dimostra lo stesso lungo articolo di Vittorio Feltri nel quale, sulla questione del fine-vita, da destra, il direttore si dice d’accordo con un atteggiamento incentrato sul dubbio e sulla laicità. Come Fini, appunto. Dibattito a tutto campo, quindi, senza però cambiare le carte in tavola: senza mettere in bocca parole e idee che non sono mai state pronunciate.
Sull’immigrazione, ad esempio, Vittorio Feltri polemizza con un Fini “inventato di sana pianta” che vorrebbe le frontiere aperte a ogni tipo di clandestino. In realtà, è l’esatto contrario: proprio per governare con rigore ed efficacia il problema dell'immigrazione, la politica si deve far carico dell'integrazione degli stranieri che lavorano nelle nostre imprese, nelle nostre famiglie, nelle nostre campagne. Sembra un ragionamento incentrato su quel realismo che, come Feltri sa bene, dovrebbe essere uno dei capisaldi di una destra moderna e occidentale. Si può non essere d’accordo, ovviamente, ma l’importante è discutere sul merito senza avviare una partita senza fine a base di slogan propagandistici. Senza urlare ogni volta al tradimento. Ed è proprio nella speranza che l’Italia non decada nuovamente in un clima di odio e barricadero che Fini ha ritenuto opportuno avvertire sui pericoli di una deriva di scontro frontale, che non può far bene a nessuno. Dall'articolo di Feltri, si deduce che il direttore ha interpretato quelle parole come se fossero riferite esclusivamente all'azione del suo Giornale. Eppure, rileggendole – «Fermiamoci, fermatevi, perché se si continua con quello che si è visto negli ultimi due mesi, si imbocca una china pericolosa. C’è il rischio di totale imbarbarimento. Se ogni occasione diventa un pretesto per randellate verbali, querele, killeraggio delle persone, diventa un’ordalia» – si capisce bene che Fini si riferiva a un clima complessivo che sta coinvolgendo la politica italiana da tempo, e non solo al caso Boffo.
Rimane però un dubbio. Il dubbio è che tutto questo non centri nulla e che la vera domanda, peraltro evocata chiaramente nel titolo dell'articolo, sia: ma cosa vuole Fini? Cosa vuole con le sue posizioni sulla laicità dello Stato, con la sua richiesta di combinare rigore e integrazione nella questione immigrati, con i suoi riferimenti al patriottismo repubblicano? Il dubbio è che sarebbe funzionale a una certa idea della politica e dei rapporti di forza un leader di destra che si “accontenti”, che stia al suo posto, a cuccia, facendo il lavoro di cane da guardia, mentre altri pensano alla politica vera, quella di governo, quella delle decisioni. Il dubbio che assale è che la colpa di Fini sia quella di voler essere “centrale” nel dibattito politico sul futuro d'Italia. Un azzardo imperdonabile. Feltri sostiene che il presidente della Camera vuole ottenere gli applausi della sinistra per fare il presidente della Repubblica. Ma se in realtà, più semplicemente, stesse facendo il “suo mestiere”? La politica, quella vera, quella che cerca di trasformare idee e valori in realtà realizzata. Quella che analizza i problemi e cerca soluzioni. Senza essere succube di ideologie prive di vita e senza inseguire schematismi imposti da altri. Non piace? Peccato. Dà fastidio? Sinceramente, ce ne faremo una ragione.
CREDITS: FareFuturoWebMagazine

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