Dell'Anarchia Etica del PdL
Il Cavaliere sbaglia se pretende di imporre un’etica obbligatoria
Susanna Turco intervista Benedetto Della Vedova per L’Unità del 10 febbraio 2010 pag. 11
Per misurare la distanza (parecchia) che resta tra quel che pensa il Berlusconi che si «dispiace» per non aver salvato Eluana e il Fini che si dispiace per il mancato silenzio «che avrebbe evitato strumentalizzazioni», non c’è che far parlare Benedetto Della Vedova.
Il radicale del Pdl, indicato ieri dallo stesso Fini come l`interprete della sua linea, sta infatti facendo di tutto perché, sulla legge sul biotestamento in discussione alla Camera, si trovi quella via mediana che consenta di evitare lo scontro finale.
Con l`opposizione, ma anzitutto all`interno del Pdl. La battaglia, per ora, non ha dato grandi frutti. Ma tant’è.
Restando alla cronaca: cosa pensa del dispiacere di Berlusconi?
«Il suo può essere un rammarico personale, ma non politico».
Sbaglia, dunque?
«Penso che sia sbagliato il punto di partenza: in gioco non era salvare o no Eluana, ma mandarle o meno via decreto i carabinieri per obbligarla a restare artificialmente in vita. La sorte ha finito per risparmiare all`Italia questa scena, e credo sia stato un bene che non sia accaduto».
Ma lei non confidava nella “laicità” del Cavaliere?
«Prima dell’accelerazione finale, lui disse che non pensava che il governo dovesse occuparsi della vicenda Englaro. Credo che avesse ragione quel primo Berlusconi, e che il suo istinto più autentico sia quello».
Di fatto il fondatore del Pdl la pensa in un modo, e il co-fondatore in un altro. Come si combinano le due visioni?
«In un grande partito ci sta che si abbiano visioni diverse su un tema del genere. L’errore è ipotizzare che il legislatore possa decidere a maggioranza, imponendo per legge una visione etica di alcuni su tutti. Dentro un partito prima, nel Paese poi».
Pare però, visto l’iter della legge, che proprio questo stia avvenendo.
«E’ il grave errore della linea Sacconi-Roccella: e Berlusconi sbaglierebbe se volesse guidare il Pdl su questa strada».
Insisto: è quel che sta avvenendo.
«Lo so, il testo sta uscendo dalla commissione della Camera così come vi è arrivato dal Senato. Se oggi questo è un problema per me, e magari per Fini, è destinato però a diventare un problema per il partito. Mi auguro Berlusconi lo capisca».
Fini oggi dice «meglio nessuna legge che il testo Calabrò».
«O si trova il modo di fare una legge più umana, o è meglio niente». Roccella dice che entro l’estate la legge si può fare. Continua a confidare in una sorpresa nel voto alla Camera?
«Credo che se si vorrà andare a una conta nel Pdl si farà un errore, ma sono fiducioso che l`Aula, a partire da parti importanti del mio partito, non voterà questo testo»
CREDITS: L'Unità & Libertiamo
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Il voto si conquista con le idee, non con la fede
- da Il Giornale del 5 febbraio 2010 -
Il bell’articolo di Giordano Bruno Guerri di mercoledì scorso ha aperto una discussione sul “voto cattolico” particolarmente salutare per il centrodestra, come testimonia la risposta di Eugenia Roccella, che vorrebbe affidare la vittoria di Renata Polverini nel Lazio all’idiosincrasia cattolica contro la radicale Emma Bonino.
Ammetto di trovare surreale il tentativo di imporre nell’Italia del 2010 uno scontro elettorale giocato sulla fede, anzi, di più, sull’ortodossia dottrinaria.
Ma al di là di questo, il fatto è che – comprensibilmente – i cattolici da tempo, se non da sempre, distribuiscono il loro voto su tutto lo spettro politico, grosso modo come gli altri elettori. Secondo l’indagine condotta dall’Ipsos per le Acli sulle ultime lezioni europee, ad esempio, i cattolici praticanti (circa un terzo dell’elettorato) hanno votato al 50,4% le forze centrodestra, contro un dato generale del 45,5%. Secondo le rilevazioni di Termometro Politico lo scarto sarebbe anche significativamente inferiore. Dovrebbe bastare questo a spostare, in Italia come nel resto dell’Europa cristiana, il centro della discussione politica su altri temi. Ma, come evidenzia la riflessione proposta da Eugenia Roccella, non basta.
L’equivoco sta nel pensare che la passione che anima la discussione bioetica segni il perimetro degli schieramenti politici. Il che, oltre a non essere giusto, non è neppure vero, visto che esistono milioni di elettori berlusconiani, cattolici e non cattolici, che non pensano che Eluana sia stata “uccisa” o che la diagnosi pre-impianto sia un’aberrazione eugenetica.
Il pensiero cattolico impregna la cultura della sussidiarietà e dell’auto-organizzazione sociale che è uno dei contenuti più solidi e moderni della proposta politica del Pdl. Ma non si può usare la dottrina morale della Chiesa come un prontuario legislativo, fingendo non di vedere che su ogni tema sensibile le divisioni che attraversano la società dividono anche il mondo cattolico. Se Possenti, che non è certo un cattolico “del dissenso”, scrive, come ha fatto di recente su Paradoxa, “reputo importante che lo Stato non diventi un monopolista etico su questioni di fine vita che attengono alla sfera gelosa della propria vita” una qualche lampadina dovrebbe accendersi anche nella testa di chi vuole farsi banditore dell’ideale cattolico.
Ma davvero crediamo a milioni di credenti pronti a votare il PdL perché fa la faccia feroce contro le coppie di fatto etero e omosessuali e la loro famiglia “innaturale”? Alle elezioni regionali la famiglia si difenderà contro le coppie gay o facendo una proposta innovativa e intelligente sul welfare domiciliare per minori, anziani e disabili?
Io sono cresciuto alla scuola dell’anticlericalismo “religioso” di Pannella, ma come altri radicali ho avvertito e denunciato i limiti di un ideale anticlericale dal sapore ottocentesco. Anzi, proprio per questo, sono stato considerato un radicale atipico. Altri hanno vissuto un anticlericalismo militante animato dalla convinzione che la Chiesa fosse un potere secolare, votato ad un progetto di dominio sui credenti e sui non credenti. Ora, divenuti paladini del cattolicesimo, sembra che abbiano semplicemente cambiato campo, ma non l’idea che avevano della Chiesa.
Renata Polverini, da cattolica qual è, non vincerà nel Lazio scommettendo su un referendum laici-cattolici, ma dimostrando di essere la leader giusta per un centrodestra innovativo e un governo europeo e pragmatico della Regione, che ospita il cuore della cattolicità, ma da tempo è aperta ad una felice convivenza tra culture diverse.
Benedetto Della Vedova - Nato a Sondrio nel 1962. Laureato alla Bocconi, economista, è stato ricercatore presso l’Istituto per l’Economia delle fonti di energia e presso l’Istituto di ricerca della Regione Lombardia. ha scritto per il Sole24Ore, Corriere Economia, Giornale e Foglio.Dirigente e deputato europeo radicale, è stato Presidente dei Riformatori Liberali. Da due legislature è deputato, eletto prima nelle liste di Fi e quindi del Pdl.
CREDITS: Il Giornale & Libertiamo

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