venerdì 19 marzo 2010

Ancora su Generazione Italia

Generazione Italia, un altro mezzo, per lo stesso fine: costruire una destra europea

Dopo tanti anni dal crollo della cosiddetta Prima Repubblica, il sistema politico italiano è ancora fluido. A destra come a sinistra ci si muove, si cerca, ognuno come può e come sa, di trovare una forma “solida” per i due poli di questo insicuro sistema bipolare. E al centro c’è chi spera nel fallimento di questi tentativi per tornare alla vecchia politica basata sulle oligarchie dei partiti e l’assenza di reale alternanza.
Oggi i riflettori, a causa soprattutto della debolezza – innanzitutto progettuale e di elaborazione politico-culturale – del Partito democratico, sono puntati sul PdL, dove perlomeno qualcosa accade. E accade soprattutto nell’area cosiddetta “finiana”. L’ultimo evento è rappresentato dall’annuncio della creazione di una struttura “aggregante” dentro al PdL: “Generazione Italia”.
Dovrebbe trattarsi di un’iniziativa per creare nuovi spazi di partecipazione e “militanza” per quanti sono interessati ad entrare nella vita del partito, soprattutto a livello locale; per quanti, fino ad oggi, con un PdL ancora poco strutturato sul territorio e restio ad aprire spazi di democrazia ed un’effettiva partecipazione dal basso in grado di “pesare”, hanno avuto difficoltà a vivere il partito “dal di dentro”.
Questo a me pare che Generazione Italia voglia essere. Dunque, perché dovrebbe esserci un conflitto con una Fondazione, Fare Futuro, o con testate come FFwebmagazine e il Secolo d’Italia, che si occupano soprattutto di analisi e di elaborazione culturale, certo al “servizio della politica”, ma non di organizzare l’impegno di quanti vogliono, nelle diverse realtà italiane, partecipare e contribuire alla vita del PdL?
Credo che Generazione Italia sia un progetto importante, che persegue con mezzi diversi – e con una dimensione più direttamente organizzativa – lo stesso fine perseguito in questi anni da Fare Futuro, o da altre realtà, come Libertiamo: dare un contributo alla costruzione di una moderna destra europea. Le due dimensioni, quella dell’elaborazione e dell’organizzazione, dunque, non mi pare confliggano, ma credo che siano anzi destinate a divenire complementari.
Per questo, le interpretazioni che circolano sulla stampa di un leader (Fini), pronto a lanciare qualcuno per emarginare qualcun altro, fanno sorridere. Fanno sorridere innanzitutto perché quest’area non è fatta di soldatini obbedienti, ma di persone che si sono ritrovate ad un certo punto della loro storia personale a condividere un’avventura culturale e politica. In secondo luogo, perché non si capisce il motivo per cui, per dare forza alle proprie posizioni politiche e alla propria idea della politica, Gianfranco Fini non dovrebbe attingere a tutto ciò che di vitale lo circonda.
Dunque, che gli amici de Il Giornale stiano tranquilli: non sono previsti esodi da Fare Futuro verso lidi più à la page, nessuno sta “drizzando le orecchie” per capire dove sia più conveniente “trasferirsi”. Si continua a lavorare, per ciò in cui si crede.

Questo articolo esce in contemporanea su libertiamo.it e ffwebmagazine.it

Sofia Ventura - Nata a Casalecchio di Reno nel 1964, Professore associato presso l’Università di Bologna, dove insegna Scienza Politica e Sistemi Federali Comparati. Studiosa dei sistemi politici in chiave comparata, ha dedicato la sua più recente attività di ricerca ai temi del federalismo, delle istituzioni politiche della V Repubblica francese, della leadership e della comunicazione politica.
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Commento interessato su Generazione Italia (e consiglio non richiesto ai promotori)


Solo un cieco non si è accorto di quanto magmatica (e cioè fluida, bollente, dinamica) sia oggi la realtà del Popolo della Libertà. Tra fondazioni, associazioni e webmagazine, il grande partito di centrodestra ha una vitalità che l’altera pars, il Pd, probabilmente invidia. La realtà la fa la realtà (dice spesso Benedetto Della Vedova parafrasando Tremonti), e nel caso del PdL l’ingessatura formale dello statuto del partito è stata resa obsoleta dalle dinamiche reali, dal confronto e dallo scontro – non tenero in verità – tra idee diverse. Essendo il PdL sicuramente berlusconiano, i fatti hanno dimostrato che non tutti i suoi esponenti hanno voglia che il partito diventi nel suo futuro “berlusconista”, e cioè basato sulla cristallizzazione della leadership carismatica del suo fondatore. Ed è un bene: un partito che ambisce a coprire elettoralmente e politicamente, per i prossimi decenni, l’enorme spazio moderato e liberale dell’opinione pubblica italiana ha il dovere di offrire agli elettori una piattaforma politica di una destra moderna, innovativa e non più “eccezionale”, di ampio respiro e di lungo periodo, che proponga un’idea di Paese e le misure concrete per realizzarla. Sottesa a questo discorso c’è ovviamente la questione della leadership, come è ovvio: escludendo per definizione la successione per investitura o per adozione (che sarebbe il corollario della scelta “berlusconista”), è giusto che nel PdL si rifletta seriamente sui meccanismi istituzionali di selezione del leader del partito. Non farlo, considerando la mera discussione un “attentato” alla guida di Berlusconi, significa non voler bene al progetto del PdL, considerarlo consustanziale al Cavaliere e, in fondo, incapace di sopravvivergli.

Libertiamo è nata un anno fa (il 14 marzo 2009, per l’esattezza) e da un anno diciamo le stesse cose – queste cose – sul PdL: lavoriamo alla costruzione di un grande partito (un po’ come i Tories o l’UMP, un po’ come il GOP) che sia un coacervo di idee e proposte di policy in competizione dialettica tra loro in un’organizzazione aperta, tenuta insieme da un’identità inclusiva. Tutto ciò che contribuisce a costruire “questo” partito a noi piace, anche quando non incontra direttamente il nostro gusto politico. Quindi non ci piace solo Generazione Italia, che intende dare corpo e braccia alla proposta politica “finiana” (descritta, a torto, come troppo elitistica e culturale). Ci piace anche l’iniziativa dei Promotori della Libertà, la costola più movimentistica e mainstream della leadership berlusconiana, che è legittima proprio perché è vera e rappresentativa di un pezzo importante dell’elettorato e del consenso del maggiore partito italiano.

La nascita di entrambe le associazioni evidenzia la necessità di soddisfare un bisogno – di partecipazione, di impegno, di luoghi di aggregazione e di “lotta politica” interna – che il PdL non ha ancora saputo organizzare. Un bisogno che non sono le associazioni di cultura politica, come Libertiamo o Fare Futuro, e neppure il partito in sè a potere soddisfare.

Agli ideatori di Generazione Italia ci permettiamo di inviare un consiglio, non richiesto in verità: evitare il rischio che, all’ombra della leadership e delle idee finiane, il nuovo movimento diventi una somma di piccole cordate locali, ognuna interessata a massimizzare sul proprio territorio il numero di “posti” ed il proprio potere rispetto ad altri pezzi del partito. Questo corromperebbe e spoliticizzerebbe il progetto. Il PdL ha tremendamente bisogno di luoghi di formazione di una nuova classe politica, preparata ed onesta. Generazione Italia ha allora la preziosa occasione di rappresentare uno di questi luoghi, uno dei migliori. Non la sprechi.

Piercamillo Falasca - Nato a Sarno nel 1980, laureato in Economia alla Bocconi, è fellow dell’Istituto Bruno Leoni, per il quale si occupa di fisco, politiche di apertura del mercato e di Mezzogiorno. È stato tra gli ideatori di Epistemes.org. E’ vicepresidente dell’associazione Libertiamo. Ha scritto, con Carlo Lottieri, "Come il federalismo può salvare il Mezzogiorno" (2008, Rubbettino) ed ha curato "Dopo! - Ricette per il dopo crisi" (2009, IBL Libri).

1 Commenti:

Alle 20 marzo 2010 alle ore 11:37 , Anonymous Anonymous ha detto...

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