Chi critica ha capito che il Pdl è molto più di un patto tra AN e FI
In un partito vero e vivo si fa così: si discute, senza logiche di ex e post
di Filippo Rossi
C’è una vulgata tutta sbagliata che ancora gira sul Pdl. Una vulgata propagandata dai giornali “duri e puri” del centro-destra e, quindi, ripresa da certe interpretazioni politichesi che si leggono qua e là, un po’ ovunque. Il senso della vulgata è, in estrema sintesi, questo: c’è un partito, il Pdl, nato da poco e ancora sostanzialmente spaccato verticalmente, An di qua e Forza Italia di là. Roba di strutture, insomma. Di apparati e di tessere. E, infatti, i più vanno in giro a chiedere, disperati: ma quante truppe ha quello, e quante quell’altro?
Come se il Pdl fosse un partito “mai nato”, una sorta di federazione mascherata, un patto elettorale da poter sciogliere alla prima difficoltà. Questa convinzione, oltretutto, è riscontrabile anche in alcune reazioni scomposte a critiche che sarebbero normalissime in qualsiasi partito occidentale. Ma il Pdl non è un matrimonio, non è una società con soci di maggioranza e minoranza, ognuno col proprio capitale: d’idee, di uomini, di strutture. Non esistono “beni separati”. Non esistono più gli ex-An, non esistono più gli ex-Forza Italia.
Esiste un nuovo partito e, forse, l’ha capito meglio chi lo critica rispetto a chi fa finta di difenderlo mummificandolo nel suo passato. E forse l’ha capito meglio chi ragiona sul futuro senza accartocciarsi sulle appartenenze del passato. Chi ragiona su nuove appartenenze, nuovi intrecci, nuove opportunità. Chi propone diverse strategie.
Perché in un partito (vero e vivo) si fa così: si discute, ci si differenzia, si propone, si critica e poi ci si conta. E poi si decide. Di volta in volta. In un processo innovativo di avanguardia permanente.
Invece ogni racconto sul Pdl sembra ridursi allo scontro di bande di potere, allo confronto tra gruppi conservativi che si difendono l’un l’altro, sognando un mondo (e un partito) bloccato e irrigidito come se fosse un patto sottoscritto davanti al notaio, come se fosse un consiglio d’amministrazione. Come se fosse proprietà privata e non un corpo di sangue e carne che vive nella società e ne assorbe gli stimoli e le sollecitazioni. Perché le radici di ogni decisione politica affondano nella terra futura. Perché è la più fertile. Quella con più linfa vitale.
3 marzo 2010

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