11 proposte liberali
Di Egidio Sterpa*
La diagnosi della situazione del Paese è disperante. Non c’è settore che non sia in declino. Occorre dunque intervenire subito e in profondità. Servono misure forti per ritrovare la via della crescita. Occorre un Governo fatto delle migliori intelligenze e competenze del Paese, che, prescindendo dalle ideologie, con coraggio e lungimiranza sia forza propulsiva di istanze autenticamente liberali e sappia chiamare tutti ad uno sforzo generale che produca innanzitutto una salutare scossa morale.
Ecco secondo i liberali alcuni punti programmatici da attuare con determinazione al più presto:
Scuola
Il nostro sistema di formazione è tra i più inadeguati del mondo occidentale. E’ degenerato negli ultimi quarant’anni. Il declino italiano è anche il frutto di questo decadimento. Va affermato il principio della centralità della scuola pubblica. Tutti, però, devono poter frequentare il tipo di scuola che prediligono, purché si tratti di scuole che applicano le regole previste dallo Stato democratico. Va considerata l’opportunità dell’istituzione del “buono scuola” per garantire una vera libertà di scelta. Decaduta è la scuola secondaria, che non prepara i giovani né al contatto col mondo del lavoro né ad un ingresso proficuo all’Università. Molti diplomati si presentano agli atenei spesso addirittura senza una idonea padronanza lessicale, tanto da rendere necessari corsi propedeutici. L’Università italiana è agli ultimi posti nelle classifiche mondiali. Occorre un rilancio delle scienze e della ricerca, che sono i settori in cui siamo più che carenti. Bisogna aprire il sistema universitario ad una competizione anche con la libera scelta dei professori da parte delle singole Università ed una valutazione dei docenti.
Politica energetica
L’Italia ha una dipendenza in materia di energia (petrolio, gas, elettricità) che la rende debole fino al punto di temere un black-out in casi di crisi internazionali. L’import di energia comporta un pesante aggravio finanziario. Va ripensato razionalmente il rifiuto dell’opzione nucleare sancito col referendum del 1987. Oggi noi importiamo energia prodotta in centrali nucleari, dalla Francia per esempio, che distano poche decine di chilometri dal nostro territorio. E’ vitale per il futuro economico del Paese tale ripensamento, tanto più che l’energia nucleare di nuova generazione si va affermando come più rispettosa della salute e dell’ambiente.
Investimenti
L’Italia ha bisogno di potenziare le proprie infrastrutture: strade, ferrovie, telecomunicazioni, acquedotti, rigassificatori, termovalorizzatori, smaltimento dei rifiuti, servizi vari. In alcuni di questi settori c’è un invecchiamento che provoca grave perdita di efficienza. E’ necessario un rilancio robusto della competitività nazionale con grandi investimenti. Non va dimenticato che il nostro Paese si risollevò dai disastri della seconda guerra mondiale attuando investimenti coraggiosi che crearono le condizioni che ne fecero uno dei territori più industrializzati al mondo. Quella politica degli anni Cinquanta vide concordi maggioranza politica ed opposizione, che pure erano fieramente divise ideologicamente, e diede grande impulso all’occupazione dando il via ad una politica sociale che si affermò tra le più progredite in Europa. Vanno sottolineate come importanti per la modernizzazione del Paese opere come la TAV, il MOSE, il Ponte sullo Stretto di Messina. Quello di cui ha bisogno l’Italia è una forte e solida politica che la modernizzi e la sottragga al declino che l’ha avviluppata in questi ultimi anni.
Liberalizzazioni
Va accelerato il processo di liberalizzazioni e privatizzazioni per le aziende a capitale pubblico e per le società di proprietà degli enti locali, mediante modalità che consentano non solo la loro cessione alla Cassa Depositi e Prestiti (e successivo collocamento in Borsa di un’alta percentuale della Cassa, ad esempio di un settanta per cento), ma anche la partecipazione di capitali di gruppi privati variegati, non di gruppi della “solite” famiglie e degli “amici degli amici”. Va praticato un aperto contrasto alla ripubblicizzazione in atto presso le diverse aziende “multi-utility” locali (energia elettrica, gas, acqua, rifiuti urbani, telecomunicazioni, ecc.) che finiscono per configurarsi come aziende IRI regionali, provinciali, comunali. Vanno perciò liberalizzate. Vanno immesse sul mercato quote consistenti del patrimonio immobiliare pubblico. Bisogna rafforzare i poteri degli organismi di tutela della concorrenza. Vanno liberalizzati vari settori professionali per garantire l’accesso ai giovani e una più aperta e certa selezione.
Politica fiscale
In Italia è stato ampiamente superato il punto critico del carico fiscale, il che ha provocato effetti dannosi per tutto il sistema economico: minore propensione alle attività produttive; maggiore propensione al consumo rispetto al risparmio; maggiore inclinazione all’evasione fiscale. L’imposizione fiscale non deve superare quella soglia che può incentivare l’evasione e scoraggiare l’attività dei cittadini. Il carico fiscale deve essere ridotto sotto il quaranta per cento del prodotto interno lordo, (per arrivare al 30 – 35 per cento, con la prospettiva di studiare l’applicazione della cosiddetta “flat tax rate”, cioè una tassa bassa uguale per tutti). La riduzione agevolerà la crescita dimensionale delle imprese, l’innovazione, la ricerca, gli investimenti, la nascita di nuove aziende produttive, con conseguente aumento dell’occupazione. A questo proposito una misura utile sarà la detassazione degli utili reinvestiti nelle attività produttive. Vanno aboliti l’Irap e l’Ici per la prima casa, va ridotto ulteriormente il “cuneo fiscale” per i contributi. Va abolito il sostituto d’imposta per i lavoratori dipendenti. E va considerata la possibilità per i lavoratori dipendenti di optare per il versamento in proprio dell’imposta senza avvalersi del sostituto.
Vanno privilegiate fiscalmente le famiglie sulla base della composizione del nucleo familiare (“quoziente familiare”). Occorre ridurre le detrazioni e le deduzioni per le fasce di reddito più alte ed aumentarle per quelle più basse. Nell’esaminare queste indicazioni liberali va considerato, come ha rilevato uno studio della Banca d’Italia, che il 15,8 per cento della popolazione del nostro Paese ha possibilità di spesa inferiore alla soglia di povertà. Il ceto medio s’è impoverito, i nuovi poveri sono tra i pensionati e le famiglie monoreddito. E’ un fatto accertato che i salari italiani sono tra i più bassi d’Europa. Per combattere questo vero tracollo sociale, si deve cominciare attuando sgravi fiscali nel quadro di una politica dei redditi che veda l’impegno delle imprese interessate ad un aumento della produttività e della crescita.
Politica sociale
Rafforzare l’iniezione di flessibilità interrotta nel mercato del lavoro per merito della legge Biagi, con la conseguente riduzione significativa della disoccupazione. Introduzione del “modello danese” sulla libertà dei licenziamenti e contestualmente introduzione di adeguati sussidi ai disoccupati per un certo periodo di tempo (massimo tre anni), quindi tramite la realizzazione di una vera rete di ammortizzatori sociali. Pensioni: età pensionabile a 65 anni per uomini e donne (con aumento graduale di un anno ogni due anni, fino ai 65 nel 2018 (ogni anno si stima un risparmio di 7 miliardi di euro). Anche dopo i 65 anni dovrebbe cessare l’obbligo contributivo, ma si potrà continuare a lavorare cumulando reddito e pensione. Detassazione del lavoro straordinario e degli aumenti della parte variabile dei salari da legarsi ai risultati aziendali raggiunti e alla produttività. “Decontribuzione”, cioè taglio dei contributi sui nuovi assunti. Per quanto riguarda la cosiddetta “concertazione” tra le parti sociali, occorre fare in modo che non si creino situazioni in cui prevalgono i veti, come spesso è accaduto, sì che non si sono avute decisioni, si sono provocati ritardi, blocchi, quindi danni notevoli per l’economia. Consentire la contrattazione a livello regionale e aziendale. Va attuata una seria riforma del pubblico impiego, nella quale siano previsti: la valutazione del rendimento nel lavoro, premi al merito, sanzioni per gli assenteisti e per chi non fa il proprio dovere.
Debito pubblico
La situazione debitoria italiana è enorme, accumulata soprattutto negli anni ’80 e i primi anni ’90. Per ridurre il rapporto Debito – PIL occorre puntare su strumenti significativi di avanzi primari annuali. Il punto di attacco deve essere quello del rigore e della riduzione della spesa pubblica (al netto della spesa per investimenti e per interessi sul debito) dell’uno per cento all’anno (5 per cento in cinque anni) tramite:
a) un programma pluriennale e di contenimento e razionalizzazione delle spese del settore pubblico e un controllo severo dei meccanismi di decisione della spesa stessa, che oggi supera il 50 per cento del PIL;
b) una revisione straordinaria di tutta la legislazione vigente per annullare o quantomeno diminuire gli effetti moltiplicatori di spesa automatica incorporati;
c) lotta agli sprechi e ai privilegi, riduzione del peso della burocrazia pubblica;
d) riforma del “welfare” pletorico e costoso, che concede benefici superflui a chi non ha bisogno e trascura spesso i cittadini veramente bisognosi.
Giustizia
Riforma dell’ordinamento giudiziario. Occorre cominciare con la drastica riduzione del numero delle ipotesi e della durata della carcerazione preventiva per evitare che il cittadino finisca in carcere senza processo per tempi indeterminati. E’ troppo alto il numero dei carcerati (il 65 per cento secondo alcuni dati) “in attesa di giudizio”. Revisione della cosiddetta obbligatorietà dell’azione penale (è troppa la discrezionalità dei procuratori), che porta a privilegiare taluni processi e a insabbiarne altri. Separazione delle carriere, e non delle semplici funzioni, tra magistratura inquirente e magistratura giudicante, per garantire la “terzietà” di quella giudicante. Riforma del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) per eliminare l’impostazione corporativa. Affidamento alle parti dell’iniziativa nelle istruttorie per accelerare il giudizio civile. Introduzione di adeguate cauzioni per l’appellabilità delle sentenze. Severa disciplina delle intercettazioni telefoniche, da ammettere, per esempio, solo per reati di mafia e terrorismo. Pesanti sanzioni per chi le diffonde. Creare un organismo unico nazionale, sull’esempio di quanto avviene negli Stati Uniti, per l’autorizzazione alle intercettazioni.
Sanità
Incremento dei fondi per la ricerca sanitaria. Revisione dei criteri e delle procedure per quanto riguarda la nomina dei direttori generali e dei primari, sì da evitare l’attuale esasperata politicizzazione. Riforma della legge 180 (malati di mente) fortemente avvertita dalle famiglie. Sottolineare la centralità del medico di famiglia nella sanità italiana. La capillare distribuzione sul territorio ne fa una figura insostituibile. Per questo occorre rivedere la recente proposta di creare Unità territoriali di assistenza primaria che condizionerebbero negativamente il rapporto fiduciario e personale tra medico e paziente.
Politica estera
Riaffermiamo i principi che hanno caratterizzato costantemente la politica liberale:
a) una politica europea non succube del direttorio franco – tedesco;
b) forte legame all’ispirazione atlantica nella difesa nazionale;
c) difesa dello Stato d’Israele e di tutti gli Stati arabi che abbiano scelto consapevolmente l’adozione di sistemi politici, sia pur progressivamente, liberi e democratici.
Riforme istituzionali
Qui è quasi superfluo accennarne nei particolari. E’ pacifico per i liberali che occorra imboccare seriamente e decisamente la via delle riforme istituzionali per rendere moderno, efficiente, concretamente liberaldemocratico, lo Stato italiano, tale da assicurare una autentica democrazia dell’alternanza. Va anche adottato un sistema elettorale che garantisca equità politica. Per i liberali va evitato il ricorso al monocameralismo, che potrebbe diventare strumento di un facile assalto al potere, com’è avvenuto in taluni Paesi dell’Est europeo. Certo, le due Camere devono essere ripensate razionalizzandone compiti e procedure. Per questa riforma essenziale bisogna fare affidamento sul Parlamento, che dovrà dedicarvisi in una opportuna e responsabile fase costituente. Vanno segnalati alcuni punti essenziali:
1) riduzione drastica del numero dei parlamentari;
2) rafforzamento dei poteri del premier;
3) abolizione delle Province.
* Articolo pubblicato dall'Opinione del 28.2.2008
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Quasi un anno fa, l'allora senatore forzista Egidio Sterpa, liberale storico, lanciava questa piattaforma programmatica. Un paio di mesi dopo, si trovava depennato dalle liste del centrodestra, come molti altri liberali "scomodi". Lasciava inoltre il Giornale "di famiglia" x approdare alle colonne di Libero. E se pensasse anche lui in un (re)impegno liberale al fianco di Diaconale?!? Il suo sarebbe senza dubbio un apporto di Qualità.