Il nuovo liberalismo di Tremonti piace al Financial Times
Da ex socialista ora in lotta contro tutti queli che ritiene siano i pericoli di una globalizzazione senza limiti e di una dominazione cinese, Giulio Tremonti, ministro dell’Economia nel nuovo governo italiano di centro-destra, sfugge a qualsiasi semplicistica categorizzazione.
Al suo quarto mandato come ministro dal 1994, Tremonti ha preso di mira importanti business e dirigenti strapagati, ha minacciato le banche con imposte extra e ha proposto la straordinaria “Robin Hood tax” sui petrolieri – un piano formalmente inserito nelle proposte di budget la scorsa settimana. E’ entrato in contrasto con Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, e ha avuto da ridire con la Commissione Europea circa gli aiuti statali per l’Alitalia, la linea aerea di bandiera vicina alla bancarotta.
Allo stesso tempo ha fatto intendere di essere pronto ad impegnarsi per il movimento sindacale italiano, fortemente indebolito, a tagliare le spese pubbliche e le tasse, e a privatizzare le rimanenti imprese di proprietà statale. Il suo stile diretto suggerisce anche il profilarsi di scontri con la Cina, che egli considera come forza espansionista, e con la Gazprom russa, potenza energetica paragonata dal ministro all’East India Trade Company dell’impero britannico.
Generalmente i libri scritti dai ministri dell’Economia non vincono le elezioni, ma quello di Giulio Tremonti, “La Paura e la Speranza”, già best-seller prima delle elezioni di aprile, ha posto le basi ideologiche per la svolta del centro-destra dal liberalismo di mercato ad un messaggio più confortante e protezionista per i lavoratori senza esperienza e per le piccole imprese, che si considerano vittime della globalizzazione.
Come vice presidente del partito di Silvio Berlusconi, Forza Italia, e come grande amico dell’alleato della coalizione Umberto Bossi, leader della xenofoba Lega Nord, Tremonti ha avuto una notevole influenza nel costruire il percorso per il loro ritorno al potere. “Questo libro va assolutamente letto per comprendere il motivo che ha portato ad una così netta sconfitta della sinistra”, ha commentato Fabio Pammoli, uno dei maggiori economisti dell’istituto di ricerca Cerm. Nella parte dedicata alla “Paura”, Tremonti spiega come le ragioni di tale sentimento siano fondamentalmente tutte riconducibili alla globalizzazione, causa delle crisi economiche e commerciali. E descrive come un’Europa debole e chiusa su sé stessa si sia autolimitata con regolamenti eccessivi e misure antitrust, rendendosi vulnerabile al cospetto dei concorrenti espansionisti.
“Il dragone cinese possiederà l’Europa” scrive Tremonti, che vede una “quinta colonna” di immigranti cinesi già premere ai suoi confini. Legale d’imposte più che economista, Tremonti è entrato in politica come socialista ed è stato definito come un ex-trotzkista. Ricordando un po’ l’atteggiamento dei neo-conservatori di Washington, protagonisti di una svolta simile a destra, Tremonti attacca i realisti degli americani – in particolare Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale – con l’accusa di non essere in grado di “contenere” la Cina. “Attenzione al nuovo imperialismo cinese: si tratta di una minaccia paragonabile a quella della Germania a cavallo tra il XIX e il XX secolo” mette in guardia Tremonti, prima di redarguire l’Europa per la sua volontà “suicida” di cancellare l’embargo di armi contro la Cina.
Sotto “l’aspetto oscuro della globalizzazione”, Tremonti elenca i fallimenti degli Stati Uniti. E’ sprezzante nei confronti di Wal-Mart – “il primate ideologico dei mega-supermercati globali, che una volta sembrava assoluto” – considerato dal ministro come il simbolo di un’economia che escogita nuove vie per vendere prodotti cinesi, ma non si impegna in una produzione propria.
L’Europa politicamente è “un continente senza capo”, è priva di una politica estera o industriale, mentre eccede con le regole che “bloccano la nostra società e non ci permettono di competere sullo stesso piano con gli altri paesi”. Tremonti, che insiste sul concetto di credere “nel mercato dove possibile”, scrive: “Tutto è, infatti, questa Europa, tranne che una ‘fortezza’. La fortezza che sarebbe invece necessaria per difenderci e per sopravvivere senza soccombere in quel campo di forze che sta diventando il nuovo mondo”.
Tremonti crede di poter suscitare nuovi dibattiti. Anna Mazzone, redattrice di Anthill.eu, un nuovo periodico in lingua inglese incentrato sull’Europa, ha affermato: “Gli euro-scettici sono diventati euro-protagonisti”. Tremonti è convinto che l’Europa debba applicare le regole antitrust ai cartelli in campo petrolifero, come l’Opec, ma deve andarci piano a meno che non vengano colpiti gli interessi del consumatore. L’Unione Europea dovrebbe stabilire una “grande area atlantica” di unione commerciale con gli Stati Uniti ed un nuovo sistema stile Bretton Woods – in realtà ad oggi ben difficile da realizzare.
Nella parte finale della “Speranza”, emerge il lato profondamente conservatore di Tremonti, insieme al desiderio di uno stato forte e alla tendenza a trattare i suoi argomenti in modo semplice. Le sue richieste per un ritorno ai valori incentrati sulla famiglia, una filosofia basata sulle “radici giudaico-cristiane” e una chiara identità europea. “L’Europa ha difficoltà a portare fino in fondo il suo esercizio identitario, avendo finora prevalso un tipo di cultura universalistico, basata sull’idea assoluta, aprioristica e non selettiva di ‘eguaglianza’ indifferenziata e di libero commercio di beni e poi di persone” scrive Tremonti. “O sono gli ‘altri’ che rinunciano alla loro identità, venendo in Europa, o è l’Europa stessa che perde la sua identità e va così a porte aperte incontro alla sua disintegrazione”.
Il ministro italiano identifica dunque sette parole d’ordine per salvare l’Europa: valori, famiglia e identità, e poi autorità, ordine, responsabilità e federalismo. Deplora i movimenti di protesta della sinistra del ’68, che ritiene abbiano annientato l’autorità e distrutto i suoi simboli, e suggerisce cerimonie con l’alzabandiera per accrescere il sentimento d’identità, con bandiere europee, nazionali e regionali. “Sono proprio le cose semplici e piccole che contano perché sono le uniche che i popoli capiscono davvero” , scrive nel suo libro.
Massimo D’Alema, ex primo ministro e personalità di rilievo della sinistra, ammette che il suo avversario sia “brillante” e abbia correttamente “interpretato una società piena di paure”. Tuttavia, afferma che nessun “bagaglio giudaico-cristiano” riuscirà a distogliere i cinesi dalla loro determinazione a voler mangiare e vivere in modo migliore.
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