lunedì 30 giugno 2008

Il nuovo liberalismo di Tremonti piace al Financial Times

Da ex socialista ora in lotta contro tutti queli che ritiene siano i pericoli di una globalizzazione senza limiti e di una dominazione cinese, Giulio Tremonti, ministro dell’Economia nel nuovo governo italiano di centro-destra, sfugge a qualsiasi semplicistica categorizzazione.
Al suo quarto mandato come ministro dal 1994, Tremonti ha preso di mira importanti business e dirigenti strapagati, ha minacciato le banche con imposte extra e ha proposto la straordinaria “Robin Hood tax” sui petrolieri – un piano formalmente inserito nelle proposte di budget la scorsa settimana. E’ entrato in contrasto con Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, e ha avuto da ridire con la Commissione Europea circa gli aiuti statali per l’Alitalia, la linea aerea di bandiera vicina alla bancarotta.
Allo stesso tempo ha fatto intendere di essere pronto ad impegnarsi per il movimento sindacale italiano, fortemente indebolito, a tagliare le spese pubbliche e le tasse, e a privatizzare le rimanenti imprese di proprietà statale. Il suo stile diretto suggerisce anche il profilarsi di scontri con la Cina, che egli considera come forza espansionista, e con la Gazprom russa, potenza energetica paragonata dal ministro all’East India Trade Company dell’impero britannico.
Generalmente i libri scritti dai ministri dell’Economia non vincono le elezioni, ma quello di Giulio Tremonti, “La Paura e la Speranza”, già best-seller prima delle elezioni di aprile, ha posto le basi ideologiche per la svolta del centro-destra dal liberalismo di mercato ad un messaggio più confortante e protezionista per i lavoratori senza esperienza e per le piccole imprese, che si considerano vittime della globalizzazione.
Come vice presidente del partito di Silvio Berlusconi, Forza Italia, e come grande amico dell’alleato della coalizione Umberto Bossi, leader della xenofoba Lega Nord, Tremonti ha avuto una notevole influenza nel costruire il percorso per il loro ritorno al potere. “Questo libro va assolutamente letto per comprendere il motivo che ha portato ad una così netta sconfitta della sinistra”, ha commentato Fabio Pammoli, uno dei maggiori economisti dell’istituto di ricerca Cerm. Nella parte dedicata alla “Paura”, Tremonti spiega come le ragioni di tale sentimento siano fondamentalmente tutte riconducibili alla globalizzazione, causa delle crisi economiche e commerciali. E descrive come un’Europa debole e chiusa su sé stessa si sia autolimitata con regolamenti eccessivi e misure antitrust, rendendosi vulnerabile al cospetto dei concorrenti espansionisti.
“Il dragone cinese possiederà l’Europa” scrive Tremonti, che vede una “quinta colonna” di immigranti cinesi già premere ai suoi confini. Legale d’imposte più che economista, Tremonti è entrato in politica come socialista ed è stato definito come un ex-trotzkista. Ricordando un po’ l’atteggiamento dei neo-conservatori di Washington, protagonisti di una svolta simile a destra, Tremonti attacca i realisti degli americani – in particolare Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale – con l’accusa di non essere in grado di “contenere” la Cina. “Attenzione al nuovo imperialismo cinese: si tratta di una minaccia paragonabile a quella della Germania a cavallo tra il XIX e il XX secolo” mette in guardia Tremonti, prima di redarguire l’Europa per la sua volontà “suicida” di cancellare l’embargo di armi contro la Cina.
Sotto “l’aspetto oscuro della globalizzazione”, Tremonti elenca i fallimenti degli Stati Uniti. E’ sprezzante nei confronti di Wal-Mart – “il primate ideologico dei mega-supermercati globali, che una volta sembrava assoluto” – considerato dal ministro come il simbolo di un’economia che escogita nuove vie per vendere prodotti cinesi, ma non si impegna in una produzione propria.
L’Europa politicamente è “un continente senza capo”, è priva di una politica estera o industriale, mentre eccede con le regole che “bloccano la nostra società e non ci permettono di competere sullo stesso piano con gli altri paesi”. Tremonti, che insiste sul concetto di credere “nel mercato dove possibile”, scrive: “Tutto è, infatti, questa Europa, tranne che una ‘fortezza’. La fortezza che sarebbe invece necessaria per difenderci e per sopravvivere senza soccombere in quel campo di forze che sta diventando il nuovo mondo”.
Tremonti crede di poter suscitare nuovi dibattiti. Anna Mazzone, redattrice di Anthill.eu, un nuovo periodico in lingua inglese incentrato sull’Europa, ha affermato: “Gli euro-scettici sono diventati euro-protagonisti”. Tremonti è convinto che l’Europa debba applicare le regole antitrust ai cartelli in campo petrolifero, come l’Opec, ma deve andarci piano a meno che non vengano colpiti gli interessi del consumatore. L’Unione Europea dovrebbe stabilire una “grande area atlantica” di unione commerciale con gli Stati Uniti ed un nuovo sistema stile Bretton Woods – in realtà ad oggi ben difficile da realizzare.
Nella parte finale della “Speranza”, emerge il lato profondamente conservatore di Tremonti, insieme al desiderio di uno stato forte e alla tendenza a trattare i suoi argomenti in modo semplice. Le sue richieste per un ritorno ai valori incentrati sulla famiglia, una filosofia basata sulle “radici giudaico-cristiane” e una chiara identità europea. “L’Europa ha difficoltà a portare fino in fondo il suo esercizio identitario, avendo finora prevalso un tipo di cultura universalistico, basata sull’idea assoluta, aprioristica e non selettiva di ‘eguaglianza’ indifferenziata e di libero commercio di beni e poi di persone” scrive Tremonti. “O sono gli ‘altri’ che rinunciano alla loro identità, venendo in Europa, o è l’Europa stessa che perde la sua identità e va così a porte aperte incontro alla sua disintegrazione”.
Il ministro italiano identifica dunque sette parole d’ordine per salvare l’Europa: valori, famiglia e identità, e poi autorità, ordine, responsabilità e federalismo. Deplora i movimenti di protesta della sinistra del ’68, che ritiene abbiano annientato l’autorità e distrutto i suoi simboli, e suggerisce cerimonie con l’alzabandiera per accrescere il sentimento d’identità, con bandiere europee, nazionali e regionali. “Sono proprio le cose semplici e piccole che contano perché sono le uniche che i popoli capiscono davvero” , scrive nel suo libro.
Massimo D’Alema, ex primo ministro e personalità di rilievo della sinistra, ammette che il suo avversario sia “brillante” e abbia correttamente “interpretato una società piena di paure”. Tuttavia, afferma che nessun “bagaglio giudaico-cristiano” riuscirà a distogliere i cinesi dalla loro determinazione a voler mangiare e vivere in modo migliore.


© Financial Times

lunedì 23 giugno 2008

Della Vedova al Gay Pride

Il leader dei Riformatori Liberali e deputato PdL Benedetto Della Vedova, sarà (probabilmente) l'unico esponente del centrodestra a sfilare al Gay Pride. Personalmente, pur ritenendo sacrosanto il diritto degli omosessuali a non essere discriminati, ritengo questa manifestazione una pagliacciata, che fa loro più male che bene, come ho già avuto modo di dire in altre occasioni.

Sinceramente, non vorrei che questa scelta di BDV fosse dettata dalle critiche che gli piovono dalla "comunità liberale" del centrodestra, per certi suoi silenzi sulle politiche economiche di Tremonti, ecc.
Come a dire: "visto, sto andando controcorrente rispetto alla maggioranza della nostra parte politica, in una battaglia di diritti civili molto liberale". Però, non se ne dolgano gay, lesbiche, ecc., l'economia dello Stato riguarda tutti, ed è quindi preminente. E' soprattutto su quel terreno che la battaglia liberale va portata avanti. Lì e nelle VERE sfide con la Chiesa oscurantista d'oggi, per la quale i gay sono uno specchietto per le allodole, dato che loro mirano a ben altro...



Intervista a Benedetto Della Vedova, da Il Corriere di Bologna di sabato 21 giugno 2008

Il Pd che diserta da una parte, il Partito delle Libertà che aderisce dall’altra. Con uno dei suoi esponenti più coraggiosi, ex radicale, che sfilerà al Gay Pride a Bologna, come ha fatto altrove e non una volta sola.
Benedetto Della Vedova, adesso deputato del Partito della Libertà, la promessa ha intenzione di mantenerla.
E, a quanto pare, sarà l’unico parlamentare del centrodestra a sfilare per le strade di Bologna.
Onorevole, sarà forse l’unico in giacca e cravatta sabato prossimo…
«Farà caldo, forse la cravatta la lascio a casa, ma la giacca la metto di sicuro. Sulle modalità e l’ostentazione del Gay Pride si può sempre discutere, basta che lo si faccia senza pregiudizi».
Lei ha un passato da radicale e un presente da azzurro molto aperto. C’è chi la guarderà un po’ di traverso nel suo partito per questa adesione al Gay Pride.
«Nessuno dei miei colleghi contesta apertamente la mia posizione nel partito, ma sono convinto che un grande partito come il Pdl debba rappresentare l’intera popolazione italiana. Non può permettersi di non dare cittadinanza, anche al proprio interno, alle varie espressioni della vita sociale e culturale».
Gay Pride compreso. Che a Bologna è riuscito comunque a dividere il Partito democratico.
«Nella Bologna "busona" cantata da Francesco Guccini mi stupisce molto che una manifestazione come questa diventi ancora il casus belli politico. Non lo è mai stato nemmeno nella New York del sindaco Giuliani…».
Insomma, Bologna non tanto aperta come si vorrebbe credere?
«Negli anni Ottanta, quando frequentavo la città, ho sempre avuto l’impressione che Bologna, centro con molti difetti e molti pregi, avesse però una grande apertura mentale. Si vede che non è più così».
E se il suo amico (ma avversario politico) Grillini ne diventasse il primo cittadino nel 2009?
«Lo conosco e gli auguro di essere scelto come candidato sindaco del centrosinistra, ma vorrei comunque che, se venisse eletto un primo cittadino del centrodestra, fosse aperto al movimento omosessuale».
Ma resta sempre la Chiesa. Monsignor Vecchi ha da poco parlato di quello omosessuale come di un movimento non riconosciuto.
«Quello con la Chiesa è un equivoco: è falso credere (e far credere) che una legislazione che riconosce le coppie omosex metta a rischio le famiglie».

Daniela Corneo

venerdì 20 giugno 2008

Io sono più liberale di teee, gne gne gne gne gne!

29 MAGGIO 2008: PLI: ESPONENTI PDL E LEGA, DE LUCA RIDICOLIZZA STORIA LIBERALI

Tredici parlamentari del Pdl e della Lega, di estrazione liberale, accusano il segretario del Pli, Stefano De Luca, di 'ridicolizzare' la storia del partito con la federazione con i Moderati e l'avvicinamento al Pd. Per i parlamentari, 'la notizia non sconvolge certamente il panorama politico italiano, e neppure gli equilibri o le prospettive del Partito democratico' e 'non meriterebbe quindi commento alcuno se non fosse per il discredito al quale viene esposta una sigla politica, come il Pli, che ha avuto un ruolo di grande prestigio e dignità nella vita politica italiana'. Secondo questi esponenti della maggioranza, è 'evidente il fatto che la tradizione e i contenuti liberali hanno trovato piena cittadinanza nei partiti della maggioranza Popolo della libertà e Lega nord'. 'Per questo consideriamo grave - prosegue la nota - che una forza politica irrilevante abusi politicamente del nome di Partito liberale, prima ridicolizzandolo con un risultato elettorale grottesco, e oggi compiendo una scelta patetica nelle motivazioni (l'antiberlusconismo non è più di moda da tempo) e lontana dalle idee e dai principi liberali'. Il comunicato è sottoscritto da Isabella Bertolini, Roberto Cassinelli, Luigi Compagna, Enrico Costa, Manuela Dal Lago, Gregorio Fontana, Fabio Gava, Giuseppe Moles, Enrico Musso, Andrea Orsini, Paolo Romani, Gianvittore Vaccari e Giuseppe Vegas. (ANSA)


RISPOSTA DELLA SEGRETERIA DEL PLI


Una nota di alcuni sedicenti Parlamentari liberali PDL e Lega Nord” (! ?) contesta la presunta scelta del PLI di aderire al Partito Democratico”. La delirante stupidità delle dichiarazioni contenute in detta nota è pari soltanto alla disinformazione. Non solo il PLI non ha deciso di aderire a nessun altro partito, ma, orgoglioso della propria autonomia, si contrappone al disegno egemone di PD e PDL di imporre, con mezzi antidemocratici e violando la Costituzione, un sistema bipartitico, I liberali, convinti dell’attualità del proprio patrimonio culturale e valoriale, intendono proseguire nel pur difficile cammino intrapreso, di rappresentare una alternativa ai partiti onnivori di plastica, che rappresentano un obiettivo pericolo per la libertà in Italia. I cittadini hanno cominciato a comprenderlo verificando la qualità dei deputati che tali partiti hanno nominato.

Le dichiarazioni dei sedicenti liberali di cui sopra sono una conferma della logica illiberale di servilismo su cui è stato costruito il partito del predellino di P.zza San Babila di cui essi fanno parte.

Roma, mercoledì 18 giugno 2008

La Segreteria del PLI
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Angelo Caniglia risponde ai parlamentari di PDL e Lega
20 Giugno 2008

Agli On. sigg. parlamentari del PDL e Lega.

Bertolini, Cassinelli, Compagna, Costa, Dal Lago, Fontana, Gava, Moles, Musso, Orsini, Romani, Vaccari, Vegas.

Leggendo sul sito del Partito Liberale una lettera della Segreteria del PLI, ascrivibile allo stesso Segretario De Luca in risposta ad una vostra indirizzata al popolo liberale. Mi è venuta la voglia di recarmi presso il parlamento per dirVi in viso il mio pensiero. Mi trattengo e vi basti quanto segue.

Appare sin troppo evidente che si tratti di un attacco sferrato da quanti, saliti sul carro del vincitore, ora pagano pegno, chiamati come sono dal monarca a fare atto di abiura della loro radice storica, dimostrando così eterna riconoscenza al loro padrone. Screditare la formazione politica di provenienza, diventa allora atto di rinuncia ad essere testimoni coerenti di quei valori, quelli liberali, divenuti ostacolo, barriera, per il potere del più forte. E’ davvero importante la trincea che il Partito Liberale Italiano frappone con coraggio alla realizzazione di un potere che parodia i principi liberali e li spaccia per suoi.

E’ pertanto rigettata ai mittenti la considerazione assai poco onorevole che vuole il glorioso Partito Liberale, di appannaggio ed esclusiva proprietà del Segretario. Egli è eletto da un’assemblea democratica e la sua permanenza o la sua sostituzione appartiene agli organi interni del Partito. Ben conoscono i destinatari, la dinamica interna del Partito Liberale, della trasparenza dei suoi atti e la coerenza dei comportamenti di tutti i dirigenti. Alcuni di essi li ricordo appassionati, oggi dovrei aggiungere “fintamente” per aver partecipato sino a qualche settimana prima delle elezioni, al cammino del PLI, condividendolo ed auspicandolo, anche per il tramite della guida del Segretario De Luca, su cui oggi gettano discredito.

Prendo atto e ne sono fiero che il comportamento coerente dei dirigenti, degli iscritti e dei tantissimi simpatizzanti, che ha traguardato un percorso lontano dal PDL e dal PD, abbia consentito di vedere esclusi quanti, i destinatari di questa missiva, che avevano in mente di approfittare di qualsiasi mezzo possibile, pur di sedere in Parlamento. Noi no. Noi proseguiamo su una corsia lenta, che preferisce il rispetto dei valori secolari del PLI, quelli stessi che sono calpestati e ridotti a mercimonio politico, quelli stessi che invece rinvigoriscono tra la gente, gli elettori che hanno votato il PLI. Ci siamo contati e pochi o tanti, non è consentito a nessuno, men che meno ai signori destinatari, ironizzare su un dato numerico che altrimenti per ognuno di loro è inesprimibile, forse pari a zero, se è vero che erano blindati in una lista, espressione diretta della volontà del monarca indiscusso che in forma indiscutibile ha imposto all’elettorato i suoi yes-man.


Angelo Caniglia

Coordinatore organizzativo del PLI

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I firmatari della nota PdL-Lega non sostengono, come si scandalizza a smentire De Luca, che il PLI abbia aderito al PD, qto che vi ci sia avvicinato. LA deduzione deriva da questo.

In particolare, in quel comunicato, troverete questo passaggio "[...] l’on. Giacomo PORTAS, deputato eletto in rappresentanza dei MODERATI nelle liste del PD ed iscritto, come indipendente, nel relativo gruppo parlamentare, si dichiara disponibile a farsi portatore di iniziative politiche comuni per dar voce, in Parlamento, alle proposte liberali e pertanto si darà luogo immediatamente ad uno stabile coordinamento. [...].


A voi la discussione!

Un'opinione interessante e - a mio parere - anke condivisibile, la potete trovare qui...

MANOVRA FINANZIARIA: Guida sintetica a tutte le novità

Ti proponiamo una guida sintetica alla manovra finanziaria, approvata dal governo nel Consiglio dei ministri di mercoledì 19 giugno 2008.



Card anziani.

Per i pensionati al minimo, in arrivo una carta prepagata per le spese di prima necessità, come gli alimentari e bollette.



Meno carta nella PA.

Dal primo gennaio 2009 le amministrazioni pubbliche ridurranno del 50%, rispetto a quelle del 2007, le spese per la stampa delle relazioni e di ogni altra pubblicazione prevista da leggi e regolamenti e distribuita o inviata ad altre amministrazioni. Confermato l’addio della Gazzetta

Ufficiale stampata a partire dal primo gennaio 2009.



Servizi pubblici locali.

Si avvia la loro liberalizzazione, attraverso l’affidamento della loro gestione a società di capitali individuate mediante gare pubbliche o a società a partecipazione mista pubblica e privata, nella quale il socio privato detenga una quota non inferiore al 30% a condizione che quest’ultimo sia selezionato attraverso procedure pubbliche.



Lotta ai ‘fannulloni’.

Tempi duri in arrivo per gli statali fannulloni. Previsti controlli più stringenti (si parla di un allungamento della fascia oraria per le visite di controllo) e anche tagli alla busta paga per i "finti malati". Fare finta di stare male per non andare al lavoro avrà un costo carissimo: il reato diventa quello di truffa aggravata.



Ricette on-line.

Certificati e ricette del medico di famiglia verranno trasmessi su Internet.



Scuola, arriva l’e-book.

Dal prossimo anno sarà possibile scaricare i libri di testo scolastici da Internet. I libri saranno prodotti a stampa e on line ed è ancora allo studio se imporre al collegio dei docenti di adottare esclusivamente libri utilizzabili nelle due versioni sin da subito o rinviare l’obbligo sino all’anno scolastico 2011-2012.



Università.

Le Università pubbliche e quelle legalmente riconosciute potranno trasformarsi in fondazioni di diritto privato.



Trasferimenti in contante.

Previsto il ritorno della soglia massima dei 12.500 euro per i trasferimenti in contante e per gli assegni non trasferibili.



Carta d’identità.

La sua durata passa da 5 a 10 anni.



Impresa in un giorno.

Attraverso una semplificazione delle procedure burocratiche, sarà possibile avviare un’impresa in un giorno.

Centrali nucleari. Entro il 2008, verranno individuati i criteri per localizzare le nuove centrali.



Banca del Mezzogiorno.

Viene costituita una nuova spa, con un capitale iniziale di 5 milioni (da restituire entro 5 anni).



Cda non quotate.

Dovranno ridurre i componenti degli organi di amministrazione (a 5 o 7) e anche i compensi in misura del 25%.

Tracciabilità pagamenti. Salta l’obbligo di ricorrere ad assegni non trasferibili o sistemi di pagamento elettronico, per gli importi superiori a 100 euro.



Ticket sanitari.

Non è stato ancora specificato se verrà confermata la loro abolizione dal 2009. Il mancato gettito sarebbe pari a 834 milioni.



Libro unico del lavoro.

Il datore di lavoro privato - ad eccezione di quello domestico - dovrà istituite e tenere il libro unico in cui iscrivere tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con rapporto lavorativo. All’interno vi dovrà essere riportata ogni annotazione relativa alle prestazioni in denaro o in natura, compresi rimborsi spese,trattenute, detrazioni fiscali, dati relativi agli assegni per il nucleo familiare ed eventuali premi o straordinari.



Statali, se dicono no al trasferimento.

Il personale che oppone un reiterato rifiuto, pari a due volte in 5 anni, alla richiesta di trasferimento "per giustificate e obiettive esigenze di organizzazione dell’amministrazione si considera in posizione di esubero".



PA, "operazione trasparenza".

Tutte le amministrazioni pubbliche dovranno pubblicare sul "proprio sito internet le retribuzioni annuali, i curricula vitae, gli indirizzi di posta elettronica e i numeri telefonici dei dirigenti".



Job on call e lavoro a tempo determinato.

Torna il lavoro a chiamata e sarà possibile prorogare più di una volta i contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi.



Lavoro, arriva la deregulation.

Incoraggiare le imprese ad assumere attraverso la de-regolazione della gestione dei rapporti di lavoro e promuovere una agevole regolarizzazione di tutti quei rapporti di lavoro o spezzoni lavorativi che oggi sono quasi sempre irregolari.



Addio agli enti "inutili".

Sono quelli con meno di 50 dipendenti, e che non saranno confermati dai ministeri vigilanti entro la fine dell’anno.



Mister prezzi.

Più poteri al Garante dei prezzi, che potrà fare indagini in settori specifici con il supporto delle Fiamme Gialle.

Expo 2015. Stanziate le risorse per le opere in vista dell’appuntamento di Milano.



Fisco, guerra al "grande fratello".

Multe salatissime da 5.000 a 30.000 euro per chi pubblica le dichiarazioni dei contribuenti.

Tav. Abrogata la revoca delle concessioni disposta nel 2007 ai contraenti generali che avevano avuto l’assegnazione senza il ricorso a bando di gara.



Banda larga.

Arrivano 800 milioni per il periodo 2007-2013 attinti dai fondi del Fas.

Una "E" in meno, e qualcosa in più...di STEFANO CALICIURI

Sarkozy e Berlusconi, l'era dei liberalconservatori

[04 giu 08] Dopo gli anni del comunismo rivoluzionario e del socialismo radical-chic, è giunta l’epoca del liberalconservatorismo. Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi, ognuno a proprio modo, sono stati i precursori di una concezione popolar-mediatica della politica. Popolare perché il loro messaggio si rivolge alla gente, massa di cittadini e non di elettori; mediatica perché utilizzano gli strumenti della comunicazione come nessuno aveva mai fatto prima. Sono riusciti, insomma, a trasformare l’immagine della politica del “dover fare” a quella del “poter fare”. Non più un sacrificio, ma una scelta; non potestà ma una volontà. Differenza non da poco, sostanziale in una società che brucia le tappe, premia e distrugge nell’arco di un batter di ciglia.

Da quando è salito all’Eliseo, su Sarkozy si sono spese decine di migliaia di parole, centinaia i saggi che lo vedono protagonista. E quasi tutti cercano di rispondere alla stessa domanda: da dove nasce una così forte popolarità? Analoga questione, ma con protagonista differente, da anni attanaglia anche la sinistra italiana: perché mai gli elettorali continuano a premiare un personaggio come Berlusconi, odiato da almeno metà Paese? La risposta sta proprio lì: per la sinistra Sarkozy e Berlusconi non sono due avversari politici, ma due odiati nemici. Tanto più le accuse diventano gravi e pesanti, personali e confidenziali, tanto più Silvio e Nicolas ne traggono giovamento.

L’Italia e la Francia, anima mediterranea in corpo latino, pur vivendo un periodo di austerità stanno dimostrando nei discorsi dei loro leader di voler risollevare la testa. Il modello statale non può sopravvivere per assistenza, ma con mezzi e forza propria: anche il pubblico, insomma, deve avere la capacità (il coraggio?) di confrontarsi con il mercato, con la concorrenza. Un confronto entro regole chiare ed uguali per tutti: quello che Berlusconi definisce il “capitalismo spiritualizzato” altro non è che il sarkozyano “capitalisme moralisé”. Parole differenti che portano allo stesso concetto di base: allo Stato spetta stabilire le regole e, eventualmente, fornire gli strumenti; al cittadino saperli usare. Come in una gara di atletica, l’obiettivo del governo non è far arrivare i concorrenti tutti insieme al traguardo, ma piuttosto quello di farli partire allineati.

Da più parti si grida allo spauracchio neoliberista. In realtà non è così: il grande passo che i due statisti europei stanno cercando di compiere è di trasformare le rispettive nazioni da Stati provvidenziale a Stati liberali. Il “sarkoberlusconismo”, come è stato felicemente definito in un saggio di Pierre Musso, docente all’università di Rennes 2, propone una rinnovata visione del conservatorismo europeo: l’obiettivo di Sarkozy e Berlusconi è portare a compimento la rivoluzione cominciata con la caduta dei muri e dei regimi sovietici e continuata con la progressiva “de-statalizzazione dello Stato”; contro lo Stato ma allo stesso tempo per lo Stato. Si tratta insomma di una politica conservatrice, “anti” e “neo” al tempo stesso.

martedì 17 giugno 2008

ROBIN TAX: Chi colpisce e come

Anche nell'ambito del "polo liberale-popolare-moderato", si dibatte sulla cosiddetta "Robin Hood Tax", voluta dal Ministro Tremonti.
Io, l'ho già detto, sarei ben felice se purgassero un po' petrolieri e banchieri, purchè questi non si rifacciano poi sulla proverbiale signora Maria, ossia sulle tasche di noi cittadini "normali"...

Sul sito di Forza Italia, la proposta è così spiegata:


“Togliere qualcosa a chi ha più guadagnato dal boom del petrolio e delle intermediazioni bancarie, e darlo a chi ne è rimasto più colpito: famiglie a basso reddito, alle prese con il caro carburante e con il mutuo, pescatori, autotrasportatori”. Ecco perché Robin. Giulio Tremonti la spiega così la Robin Tax: termine preso pari pari da Robin Hood, l’eroe che prendeva ai ricchi per dare ai poveri.

Chi colpisce. Per non ricalcare i luoghi comuni della sinistra (“Anche i ricchi piangano”) e per non ripetere gli errori di un fisco basato esclusivamente sulla redistribuzione del reddito, quindi classista e politico, il ministro seleziona però i suoi obiettivi: non le aziende che competono sui mercati, non i ricchi indiscriminatamante, ma appunto petrolieri e banche. Chi cioè ha goduto di profitti in gran parte speculativi.

Perché li colpisce. Alla speculazione è dovuto gran parte del rialzo del greggio. Come documenta Il Sole 24 Ore, le riserve sono abbondanti, in grado di soddisfare la domanda almeno per quasi mezzo secolo. La fiammata dei prezzi è dovuta all’inefficienza della distribuzione, all’imboscamento delle scorte, appunto alla speculazione dei paesi produttori (soprattutto arabi visto che gli Usa ne subiscono le conseguenze) e dei colossi della raffinazione. “Il problema non sta sottoterra, ma nella politica” ammette Tony Hayward, numero uno della Bp. E se lo dice lui c’è da fidarsi.
La politica insomma non vigila abbastanza su come si determinano questi rincari che mettono in ginocchio l’Europa. Anche perché ad alimentare la speculazione sul petrolio si sono gettate proprio le grandi banche mondiali: reduci l’anno scorso da rendite super (in Italia 15 per cento in media, contro il 3 degli altri settori industriali), ma che ora si stanno leccando le ferite dalla crisi dei mutui da loro stessa provocata.

Come li colpisce. Petrolieri e banchieri: ce n’è abbastanza per presentare loro qualche conto. “Si tratterà di un’imposta etica” dice Tremonti. “Non avrà effetti distorsivi sulla concorrenza, e soprattutto sarà una cosa giusta. Ed è per questo che la faremo”. Il prelievo probabilmente sarà una tantum, forse sotto norma di un’addizionale sull’Ires (l’imposta sulle società), sperimentale per quest’anno, e dovrebbe accompagnare la manovra finanziaria generale da presentare entro giugno. Ma se questi profitti innaturali si ripeteranno, la Robin Tax potrebbe fare il bis l’anno prossimo.

Chi ne beneficia. Nelle intenzioni del governo, oltre a ridistribuire il ricavato alle fasce deboli della popolazione, c’è anche l’effetto deterrente: come dire a petrolieri e banchieri “non esagerate”. Effetto che sta già dando buoni risultati nella manovra sui mutui: la ricetta Tremonti di riduzione, allungamento e trasformazione a tasso fisso delle rate ha già indotto alcune banche a proporre ai clienti una via alternativa, la diminuzione dello spread, cioè di quella parte degli interessi applicati dalle singole banche. Insomma, c’è la possibilità di scegliere.

Chi non la vuole. La sinistra ironizza sulla Robin Tax, l’Unione europea (chi l’avrebbe mai detto!) si riserva di valutare se la tassa “abbia impatti sugli investimenti”, l’agenzia di rating Fitch teme che si colpiscano eccessivamente i profitti. Insomma, tutti quelli che finora non sono stati in grado di contrastare né la speculazione alla pompa di benzina né quella allo sportello, adesso si stracciano le vesti. In compagnia di qualche amico del giaguaro: che magari a Robin Hood preferirebbero lo sceriffo di Nottingham. Tutti ottimi motivi per andare avanti.


Credits: Forza Italia

venerdì 13 giugno 2008

Ostellino: Rivoluzione Liberale senza speranza

Piero Ostellino, editorialista del "Corriere della Sera", è uno dei "totem" della "cultura liberale" italiana. Qui, esprime il suo pensiero, per certi versi fatalmente condivisibile (purtroppo), ma che spreriamo abbia un finale più lieto rispetto al suo rispettabilissimo scetticismo...

Intervista a Piero Ostellino
Quali prospettive hanno i liberali nel nascituro Pdl e nell’attuale governo?


“Duole dirlo, ma non abbiamo alcuna possibilità. La famosa ”rivoluzione liberale“ non è più praticabile. La cultura italiana non è liberale. L’Italia non è un Paese liberale, a differenza dell’Inghilterra o degli Usa, per citare due esempi. Nello stesso centrodestra italiano non c’è una cultura liberale diffusa”. Parole di Piero Ostellino, che di liberalismo è un esperto.
Piero Ostellino, editorialista del Corriere della Sera, uno dei massimi esperti di liberalismo in Italia, si pronuncia sul destino delle istanze liberali nel centrodestra e nella politica italiana.
Nel ’94, Forza Italia nacque con l’aspirazione di formare un grande partito liberale. Oggi, nessun liberale occupa posizioni di rilievo. Cosa è successo ai liberali del centrodestra?
I liberali non ci sono più, sono scomparsi. Questo è dovuto al fatto che il movimento creato da Berlusconi, poi trasformatosi in partito, non ha natura liberale. Oggi sono ancora presenti diversi esponenti, alcuni fuori dalla politica, come Alfredo Biondi o Giuliano Urbani, altri in Parlamento, come Antonio Martino, il quale però non ricopre posizioni di governo. Oggi i liberali, purtroppo, non contano più nulla.

Tuttavia, alcune istanze care ai liberali sono ora date per scontate da parte della maggioranza del mondo politico. Il garantismo, per esempio, è assai più diffuso ora che non dieci, quindici anni fa. Questa non è una grande conquista liberale?
Il maggiore garantismo è nell’ordine delle cose. Rispetto al periodo di tangentopoli sono cambiati i tempi. Il giustizialismo, al giorno d’oggi, non ha più rappresentanza. E anche la magistratura si è resa conto che esso non porta da nessuna parte, poiché è impossibile cambiare il Paese attraverso il solo potere giudiziario.
Quali prospettive hanno i liberali nel nascituro PdL e nell’attuale governo?
Duole dirlo, ma non abbiamo alcuna possibilità. La famosa “rivoluzione liberale” non è oggi più praticabile. La cultura italiana non è liberale. L’Italia non è un Paese liberale, a differenza dell’Inghilterra o degli Stati Uniti, per citare due esempi. Nello stesso centrodestra italiano non c’è una cultura liberale diffusa. Paradossalmente, l’unico movimento di stampo riformatore all’interno del centrodestra è la Lega Nord, partito localistico, le cui istanze sono più riformatrici di quelle di FI o AN. Silvio Berlusconi, leader del Popolo delle Libertà, può essere un abile statista e un grande uomo politico, ma è del tutto estraneo alla cultura liberale. Per rendersene conto, basta osservare l’operato del nuovo governo, che pensa sia necessario riempire la pancia degli italiani per risollevare le sorti del Paese. Da una parte è positivo che, su alcune questioni - come l’emergenza rifiuti nel napoletano - sia stata ristabilita la presenza e l’autorità dello Stato. Dall’altra parte si è invece compiuto un passo indietro, tornando alla vecchia logica del compromesso. Lo Stato non deve occuparsi degli stipendi dei supermanager di aziende private, lo Stato non deve intervenire nella faccenda Alitalia. Non c’è filosofia del diritto, la cui conseguenza è una mancanza di principi liberali nell’azione di governo.
Non c’è modo di rendere più liberale la cultura italiana?
Per contrastare gli organi di informazione schierati a sinistra, che rappresentano la metà dell’establishment, i media vicini al centrodestra - alcuni dei quali di proprietà dello stesso Berlusconi, come Mediaset, Il Giornale, Panorama - dovrebbero fungere come uno strumento importante per cambiare la cultura del Paese. Si dovrebbe raccogliere attorno ad essi tutta l’intellettualità liberale, più preparata e competente di quella di sinistra. Invece, essi sono abbandonati a sé stessi, di fatto legittimando l’egemonia culturale della sinistra in Italia. Gli intellettuali liberali non dispongono di un insediamento per diffondere le proprie convinzioni.
Se i liberali hanno poche prospettive nel centrodestra, è invece realistica l’ipotesi – già citata da Marco Pannella – di formare una sinistra liberale?
È evidente che la sinistra del Partito Democratico è più moderata di quanto non fosse in passato, quando faceva parte di coalizioni in cui figuravano partiti di matrice comunista. Nonostante il passo in avanti, è difficile per la sinistra allontanarsi dalle proprie tendenze dirigistiche e collettivistiche. Se la sinistra vuole dimostrare di essere davvero liberale, il banco di prova su cui testarsi è la riforma della prima parte della Costituzione. In alcuni tratti, essa sembra appartenere ad un Paese sovietico. Siamo l’unico Paese che è fondato sul lavoro, ovvero su una merce di scambio, o dove la proprietà privata è vincolata dalla funzione sociale. Si tratta di astrazioni di carattere ideologico, che però vanno ad influenzare le decisioni della Corte Costituzionale, la quale deve ovviamente seguire il testo della costituzione. Una revisione della prima parte della Costituzione in chiave liberale è quantomai necessaria, e una sinistra davvero liberale non può tirarsi indietro di fronte a questa sfida.

tratto da L'Opinione

Credits: La Parte Liberale - LPL

mercoledì 11 giugno 2008

PdL, "anarchia etica" e il "partito dei cattolici"

Dichiarazione di Benedetto Della Vedova, presidente dei Riformatori Liberali e deputato del Pdl

Spero che il Pdl, anche alla prova del governo, sappia rimanere fedele all’impegno del suo leader, difendendo e presidiando il pluralismo etico-culturale come fondamento della libera convivenza civile. Berlusconi, parlando ironicamente di “partito anarchico” sui temi etici, aveva chiarito la differenza abissale che intercorre tra un partito liberale che difende in modo intransigente i valori della libertà e della dignità umana e un “partito etico” che promuove e difende in sede legislativa una precisa piattaforma di valori, che va invece riservata alla libera scelta dei cittadini. Nessuno dei grandi partiti liberali e conservatori europei ha scelto di diventare un “partito etico”. Anche per questa ragione, spero che il Pdl rimanga un “partito anarchico”, nonostante i richiami di Famiglia Cristiana, che perfino la DC in questa forma non avrebbe giudicato ricevibili.

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“Il Pdl ha il 40%, non sia il partito di Ratzinger”

L’esponente laico: il voto dei credenti è ininfluente, si è sparso su tutti


Intervista a Benedetto Della Vedova, da Il Corriere della Sera di sabato 7 giugno 2008

Benedetto Della Vedova, deputato del partito del premier, ex radicale, canta fuori dal coro: “Il Pdl non può diventare il partito del Papa”.
Perché?
“Il problema non è della Chiesa, ma della politica. Non è del Papa ma dei papisti. Il Pdl non può diventare il partito del Papa, perché rappresenta direttamente il 40 per cento del Paese e tendenzialmente tutta l’Italia."
Secondo gli ultimi dati, però, ben il 60 per cento dei cattolici hanno votato Pdl…
“Mah, sarei più prudente, mi attengo alle analisi sui flussi di voto fatte dal Sole 24 Ore, da cui si dimostra che il voto cattolico si è spalmato su tutti i partiti. E’ stato molto distribuito e quindi, alla fine, è ininfluente”.
Secondo lei allora ha ragione Pannella?
“Ho sempre dissentito dai miei amici radicali e, in particolare da quel grande religioso laico che è Pannella, quando hanno gridato contro i pronunciamenti del Papa e di Ruini, bollandoli come interventi a gamba tesa, tranne poi applaudire quando fa comodo come sugli immigrati… Detto questo, se vogliamo fare il partito dell’identità cattolica, facciamo come Casini: un partito del 5 per cento. Un grande partito fatto insieme di cattolici e di laici, di eterosessuali e omosessuali, deve avere la sua autonomia”.
E lei cosa vorrebbe?
“Quello che ha detto Berlusconi in campagna elettorale: un partito anarchico (cioè liberale) sul piano dei valori, un partito che rifugge da un’etica di Stato e quindi da un’etica di partito”.
Il Papa parla di una “sana laicità”, non va bene?
“Io parlerei di “sano relativismo”, non è vero che il relativismo porti necessariamente al nichilismo: valutare una molteplicità di punti di vista può essere utile. Del resto tutti i partiti confluiti nel Ppe, la pensano allo stesso modo”.
Oggi a Roma ci sarà il Gay Pride: lei è d’accordo con i matrimoni omosessuali?
“Sulla regolamentazione dei diritti delle coppie gay ha ragione Rajoy, il leader del Partito popolare spagnolo: “Gli cambino nome”. Non può essere un matrimonio, ma non possiamo chiudere la porta in faccia a queste persone. Un ragionamento simile vale dall’aborto alle staminali”.

M. Antonietta Calabrò

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martedì 10 giugno 2008

MVB alla "guerra"...

E' risaputo ke l'avvento di Michela Vittoria Brambilla e dei suoi "Circoli della Libertà", non ha fatto saltare di gioia buona parte del gruppo dirigente di Forza Italia.

L'attuale Ministro dell'Economia e delle Finanze Giulio Tremonti, in particolare, si dice abbia fatto di tutto per far fuori "Michela la Rossa", tanto ke da quasi certo Ministro dell'Ambiente o Vice alla Salute, s'è dovuta "accontentare" del Sottosegretariato al Turismo.

Paladina dell' "antipolitica non-grillina", forse sta imparando a tirare anche lei i proverbiali calci negli stinchi tipici dell'agone politico.

Sul sito ufficiale dell'associazione da lei presieduta, compare infatti questo articolo, con un'opinione a favore e due contro alla "Robin Hood Tax" tanto cara al tributarista di Sondrio...

A voler dirla tutta, il parere favorevole è stato aggiunto solo in seguito, ieri non c'era...
Che qualcuno abbia condotto a più miti consigli la regina del pesce surgelato?!?

Cara Brambilla, benvenuta nella politica VERA...

lunedì 9 giugno 2008

Ecco GOAL IS LIFE!

In occasione del (finora amaro) debutto della nostra Nazionale agli Europei, nasce Goal is Life! - Il Blog del Calcio Totale.

Il titolo dice già tutto...enjoy it!

Berlusconi: tra Stato e Chiesa possibile ogni dialogo su ogni argomento

...e venne il giorno che Berlusconi andò, da Presidente del Consiglio in carica, dal Papa...
Sorrisi, comunanza di vedute, ecc.
Questo il resoconto presentato dal "Il Quaderno", sorta di "bollettino" di Forza Italia/PdL...


"Non dobbiamo assistere senza fare nulla all'impennata dei prezzi. Se c'è qualcuno che deve pagare prezzi in più c'è anche qualcuno che incassa prezzi in più. E quindi bisognerebbe chiedere agli Stati dove ci sono i produttori che hanno queste utilità di tassare questi utili e che il sovrapprezzo speculativo dei produttori venga destinato in parte ad aiuti immediati e poi chiedendo contributi, da parte delle Nazioni Unite, ai Paesi produttori di petrolio che incassano ogni giorno degli utili straordinari". Lo ha affermato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, in un'intervista congiunta alla Radio vaticana e all''Osservatore romano', a proposito dell'emergenza alimentare di cui si è discusso in questi giorni nel vertice organizzato dalla Fao.

"La lotta alla fame vive quella che è un'emergenza - ha detto ancora il premier - e la speculazione si è subito infilata in questo varco. Non dobbiamo assistere senza fare nulla alla impennata dei prezzi". Berlusconi ha poi ribadito che l'Europa non dovrebbe "calcolare nei deficit, quando noi presentiamo i bilanci, le somme che i singoli Stati potrebbero destinare all'aiuto alimentare. Ne ho parlato con Zapatero che si è dichiarato d'accordo, con Sarkozy che si è dichiarato d'accordo".

Quanto al rapporto tra Stato e Chiesa "è possibile ogni dialogo su ogni argomento". "La Costituzione italiana - aggiunge il premier - è molto chiara a questo riguardo, quindi non ci possono essere preclusioni alla manifestazione di opinioni e di principi da parte di alcuno e la Chiesa e le sue organizzazioni hanno tutto il diritto di esprimere le proprie valutazioni e lo Stato laico esprimerà un suo giudizio e potrà servirsi e seguire queste valutazioni nella sua azione politica".
"Ritengo - prosegue il capo dell'esecutivo - che sarebbe una perdita significativa di libertà per lo Stato escludere o soffocare la manifestazione di queste convinzioni e di qualsiasi convinzione. Sono convinto che per la sua millenaria esperienza, per il suo contatto con tutte le fasce sociali, a cominciare dalle fasce sociali più deboli, la Chiesa rappresenti una ricchezza per lo Stato, e lo Stato, volendo restare laico, deve fuggire dal pericolo di diventare ideologico, settario e alla fine addirittura totalitario”.
“Perciò - conclude Berlusconi - il dialogo che precede il rapporto tra Stato e Chiesa come organismi giuridici è assolutamente positivo, risiede nella natura stessa della società, e dimostra la libertà e la pluralità della società”.


Che dire?!
Sappiamo che quando un premier va dal Papa non si mette certo a fare l'emulo di Pannella e gridargli in faccia "Vaticano Talebano"...
Neanche tutta questa condiscendenza però, è esaltante...
Se è infatti giusto dire ke la Chiesa ha il diritto di esprimere la propria opinione, altrettanto forte dovrebbe levarsi la voce che dice chiaro e tondo che lo Stato è altrettanto libero di fregarsene altamente di suddetta opinione...