Ma adesso il Pdl riparta per dare corpo al suo destino
Il partito ha bisogno di parlare a tutto il paese, e di "pilotare" la coalizione
di Filippo Rossi
Cercare di capire quel che è successo senza entrare nel solito giochetto dei vinti e vincitori, senza tirare per la giacca i risultati. Non è facile, il giorno dopo, ma bisogna provarci. L'astensionismo, prima di tutto. È vero quello che è stato detto: che è il sintomo di un allontanamento della società civile dalla politica, che c'è bisogno, come oggi ha ribadito il capo dello Stato, di una nuova stagione di riforme per riavvicinare i cittadini alla res publica. Ed è anche vero che l'astensionismo così elevato non ha colpito affatto, come invece è successo in Francia nell'ultima tornata elettorale, la coalizione che governa il paese: segno evidente che la sfiducia verso la classe politica non si è scaricata sulla maggioranza. Merito di chi governa il paese. Demerito di un'opposizione che non riesce da darsi una strategia. Che non riesce a costruire un'alternativa.E questo è ancor più vero se si pensa alla splendida vittoria di Renata Polverini nel Lazio, nonostante il pasticcio delle liste, contro una candidata del centro-sinistra autorevole, forte e motivata. L'ex segretaria dell'Ugl ha saputo interpretare una campagna elettorale all'insegna della sobrietà e del buon senso, senza cavalcare slogan e atteggiamenti barricaderi che avrebbero snaturato il senso della sua candidatura. E non si può non sottolineare l'organizzazione del Pdl romano che è stata capace di un autentico miracolo trasferendo sulla lista Polverini il 33% dei consensi…Certo, una cosa è chiara: per il Pdl, una volta esaurita l’euforia per i risultati delle Regionali, sarà il momento della riflessione. E per un motivo, soprattutto. Un motivo che si chiama Lega. Il Carroccio è il vero vincitore di questa tornata elettorale. Lo è per i numeri (il 36% in Veneto, il 12% a livello nazionale, due presidenti di Regione, e che Regioni). Ma lo è anche “strategicamente”. Lo ha sottolineato subito, a spogli ancora in corso, il suo leader, Umberto Bossi, che, soprattutto, si è investito del ruolo di “arbitro delle riforme”. Le riforme. Tutti sono d'accordo che vanno fatte. E il presidenzialismo è tra quelle ineludibili. Ma il problema è capire quali riforme, che tipo di presidenzialismo. Bisogna capire, ad esempio, che in una democrazia occidentale non può esistere un esecutivo forte senza il bilanciamento di un Parlamento altrettanto forte...Ecco, la Lega proverà a incassare, a Roma, questo ruolo. Ed è su questo fronte che il Pdl dovrà dimostrare di avere una posizione chiara, autonoma, e di avere la forza per portarla avanti con decisione. Perché un partito maggioritario e nazionale non può farsi “trainare” da una formazione (per quanto forte e leale) che è nata e che si propone come fedele espressione delle realtà “locali”. Un grande partito di massa, come il Pdl, non può e non deve rinunciare al ruolo di “pilota”, non può farsi dettare l’agenda di governo. E allora un partito nazionale deve ripartire da questo risultato, dalle scelte vincenti e dai successi ottenuti, per riuscire a darsi un'anima che sappia rappresentare la speranza di una nuova Italia. Il Pdl ha tenuto al nord, è sempre più forte in tutto il sud dove è sempre più radicato, non ha lasciato spazio a un'estrema destra residuale, che riesce a prendere solo le briciole.
È da qui che deve ripartire per dare corpo al suo destino: quello di un grande partito a vocazione maggioritaria che sappia parlare a tutto il paese.
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