lunedì 27 luglio 2009

Il Pdl non deve inseguire la Lega, ma dettare il passo del processo riformatore

Bisogna ammettere che, da un paio di mesi, la Lega è protagonista nel rendere mediatici i propri cavalli di battaglia. Non è solo perché i leghisti sono abituati a creare grandi scandali, ad alzare grandi polveroni e a partire a testa bassa su alcuni temi; ma anche perché effettivamente la Lega ha 4-5 argomenti-cardine che segue con impegno ed entusiasmo. Lo abbiamo visto con le varie discussioni sulla sicurezza, sui temi dell’immigrazione, sul federalismo fiscale e sulla cosidetta “questione settentrionale”.
Invece il Pdl, che della comunicazione dovrebbe essere mattatore, sembra rincorrere gli alleati o addirittura annaspare, in assenza di una linea specifica e unitaria.
Evidentemente da qualche mese non ha temi-bandiera da rivendicare, mentre risulta più efficace quando sostiene l’intervento risolutore del Governo nei casi di emergenze nazionali (rifiuti a Napoli o terremoto a L’Aquila, che hanno portato a rilevanti risultati elettorali in queste zone). Ed effettivamente con un’analisi smaliziata si potrebbe dire che talora il carisma personale di Berlusconi e il suo ruolo di indiscusso leader di governo trascina il consenso del partito, coprendone una certa mancanza di iniziativa.
L’inseguimento della Lega nelle discussioni sulla sicurezza, ha esposto il Pdl a figure non esaltanti, mostrando difficoltà che oggettivamente era meglio non evidenziare: la sensazione piuttosto sgradevole che si è offerta agli osservatori è stata quella che il Pdl è arrivato al dunque senza un’idea precisa sugli argomenti legati all’immigrazione, e che si è limitato in parte ad arginare e in parte a sposare le posizioni della Lega. Il risultato è stato che la Lega, con la sua coerenza (e conseguenti esagerazioni anche demagogiche), ha avuto un riscontro notevole di consenso politico e elettorale. Anche alle Europee.
C’è un problema evidente di guida e rapporti di forza tra i due partiti della maggioranza: la Lega sembra riuscire a ergersi come primo attore del lavoro governativo mentre il Pdl non riesce a sviluppare e sostenere in questo periodo un sano riformismo organico (non limitato ad alcuni provvedimenti imposti dall’emergenza o da un ruolo di mediazione o di sintesi esercitato da Berluconi).

Temi storici come l’abbassamento delle tasse sono definiti irraggiungibili nel breve termine per via del debito colossale del paese. Proposte sugli sprechi pubblici come l’abolizione di enti inutili quali le province, le comunità montane, ecc… sono finiti nel dimenticatoio, oppure vengono anche in questo caso appaltate alla Lega (vedi Codice delle Autonomie). Un’incredibile occasione persa per attirare consenso e rimpinguare le casse statali.
Sul lato economico-sociale, nonostante i buoni interventi, manca una svolta rapida e decisa verso un riformismo necessario. La proposta di equiparazione dell’età pensionabile è stata finalmente presa in considerazione. Andrebbe rivista in una complessiva nuova riforma delle pensioni (discutendo anche di un adeguamento di quelle anticipate) e il mercato del lavoro andrebbe ritoccato.
Sulla scuola e l’università la Gelmini si è impegnata e il ddl sull’università e sui criteri di sostentamento degli atenei (su base efficientistica e meritocratica ), pur essendo molto apprezzato, è stato rimandato all’autunno. Servirebbe un nuovo scatto, tracciato da questa via, ma le polemiche insulse dell’ondina e della sinistra potrebbero bloccare nuovi interventi in tal senso.
Sulle infrastrutture ci si aspetterebbe un impegno totale per la riapertura dei cantieri e per nuove grandi opere. Le ultime riunioni del Cipe finiscono spesso nel dimenticatoio perché ormai passa l’idea che tra l’approvazione del Comitato e il reale inizio dei lavori passano comunque mesi o anni. Ma più che alle proposte di nuove opere servirebbe mettere mano a soluzioni per evitare i cantieri infiniti, i ricorsi continui al Tar, le continue richieste di adeguamenti ecc. La sburocratizzazione, non solo limitata alle opere pubbliche, dovrebbe essere un obiettivo serio da raggiungere, magari favorendo realmente il project financing e non mettendo i bastoni tra le ruote del privato che vuol costruire opere per la collettività.

Probabilmente è la giustizia l’argomento su cui si punterà. Alcune spunti di riforma del processo penale e civile si sono visti, tra un provvedimento e l’altro, ma un intervento più ampio e organico, magari incentrato principalmente sulla riduzione dei tempi biblici della giustizia, sarebbe auspicabile in tempi brevi.
In ogni caso è evidente che il Pdl non dovrebbe rincorrere la Lega sui suoi temi popolari e su proposte populistiche, ma piuttosto cercare di differenziarsi in positivo, con un’offensiva riformatrice, ponendosi come forza innovatrice e liberale, capace di essere allo stesso tempo il cuore della coalizione e il motore dell’azione governativa per cercare di cambiare e modernizzare il paese.

Christian De Mattia - Nato a Milano nel 1983, laureato in Economia Aziendale all'Università Bocconi, specializzando in Management per l'impresa e Marketing. Appassionato di comunicazione politica, collaboratore del quotidiano online "Il Legno Storto" e blogger del sito "Il Fazioso Liberale"


Credits: Libertiamo

mercoledì 22 luglio 2009

Da parte di “Non in mio Nome”, gruppo formato su Facebook da oltre 1.500 giornalisti e lettori

Alll’attenzione di:

Franco Siddi , Segretario della Fnsi
Roberto Natale, Presidente della Fnsi

Egregio Segretario, egregio Presidente,

dopo lo scandaloso e vergognoso voto con il quale i membri dell’esecutivo della Federazione internazionale dei giornalisti hanno espulso i colleghi israeliani, senza ascoltarne le ragioni, vi chiediamo:

a) Il voto del rappresentante italiano, Paolo Serventi Longhi, è stato concordato con la segreteria e/o con la giunta della Fnsi?

b) Dopo la polemica vicenda delle quote (sollevata dai colleghi israeliani in seguito alla costante esclusione da momenti importanti della Federazione internazionale, come l'aver tenuto all'oscuro i giornalisti israeliani di una missione investigativa sugli eventi di Gaza. E che in ben due occasioni, a Vienna e a Bruxelles, i giornalisti israeliani sono stati esclusi dagli incontri sul Medio Oriente), pensate anche voi, come Serventi Longhi, che l’unica soluzione fosse quella burocratica, invece che avviare finalmente un chiarimento politico al vertice della Fig?

c) E’ utile per noi italiani far parte di questo organismo non democratico che costa alla Fnsi – quindi alla tasche di tutti gli iscritti – circa 100 mila euro l’anno?

d) Sono stati mai esaminati dalla Fig e dai suoi vertici gli omicidi di colleghi in Iran, in Cecenia, e in altre parti del mondo?

e) E’ mai stata presa una posizione ufficiale su questi tragici avvenimenti?

f) La Federazione internazionale è mai intervenuta sui giornalisti di quelle tv arabe che reclamano “la morte di tutti gli ebrei”?

A nome di oltre 1.500 aderenti (giornalisti e lettori) vi chiediamo di prendere pubblicamente le distanze da una decisione vergognosa e inaccettabile dalla società civile. E di promuovere, contemporaneamente, un’indagine sull’intera attività della Federazione internazionale, con una commissione di cui faccia parte qualcuno degli amministratori di questo gruppo, sospendendo , nel frattempo, la partecipazione della FNSI alle attività della Federazione Internazionale.

Vogliamo saperne di più, poiché funziona anche con i nostri soldi.

Sergio Stimolo, Onofrio Pirrotta, Pierluigi Battista, Silvana Mazzocchi, Cinzia Romano, Mariagrazia Molinari, Gianni de Felice, Paola D'Amico, Nicola Vaglia, Enzo Biassoni, Paola Bottero, Luigi Monfredi , Antonio Satta, Maria Laura Rodotà, Stefania Podda, Marida Lombardo Pijola, Daniele Repetto, Dimitri Buffa, Emanuele Fiorilli, Antonella Donati, Paola Tavella, Anna Maria Guadagno, Monica Ricci Sargentini, Maria Teresa Meli, Giovanni Fasanella, Mirella Serri, Stefano Menichini, Marina Valensise, Gloria Tomassini, Franca Fossati, Mariella Regoli, Claudio Pagliara , Daniele Renzoni, Daniele Moro (seguono altre 1.500 firme)

ROMA 22 luglio 2009

venerdì 10 luglio 2009

Se ancora una volta il PD fa bene al Centrodestra...

Quello pubblicato di seguito è un interessante articolo che, partendo dalla candidatura "in più" alla Segreteria Nazionale del PD, tocca un argomento FONDAMENTALE anche x il PdL...
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La candidatura di Marino è “sbagliata”, ma molto utile

di Carmelo Palma

A rigore, la candidatura di Ignazio Marino non dovrebbe entusiasmare chi, al di là delle preferenze di voto, ritiene essenziale per il bene della politica italiana che il PD e la sua dialettica politica interna rimangano ancorati ad uno schema maggioritario. Uno schema che esige, in termini di principio, candidati che “corrano per vincere” e non per “sparigliare” e che presentino una piattaforma politica in grado di prefigurare, se non di descrivere nel dettaglio, un progetto complessivo di governo del paese.
Quella di Marino non è, né appare destinata a diventare, una candidatura di questo tipo.
Forte di un prestigio in larga misura extrapolitico e di un messaggio non volgarmente anti-politico, il “personaggio Marino” è di sicuro ingombrante. Non è liquidabile come un candidato di disturbo, né è privo dell’immagine, della caratura morale e della sensibilità politica necessaria per aggregare un robusto consenso interno. Gli esiti della campagna di tesseramento che Marino ha lanciato per supportare la propria candidatura alle primarie sembrano infatti confermare che il popolo del PD “sente” il suo messaggio e che la classe dirigente del PD raccolta attorno a Franceschini e Bersani finirà inevitabilmente per subirlo.
Nondimeno, il “candidato Marino” può al più sperare di aggregare una significativa componente “nuovista”, che, proprio in quanto minoritaria, si può permettere, sul piano politico e ideale, scorribande che non sarebbero consentite ad un candidato “maggioritario”. Marino infatti colpisce duro su di una serie di temi – da quelli bio-politici a quelli del rinnovamento della classe dirigente – su cui il PD, per puntellare equilibri interni quanto mai instabili, si è mostrato in questi mesi più imbarazzato e indeciso.
La candidatura di Marino però, pur se così “sbagliata” secondo lo schema maggioritario, non è per nulla disprezzabile, neppure in una logica sistemica. Anzi è molto utile. Non è una cura per i problemi del partito, ma è un sintomo importante, che può aiutare a capire la natura di questi problemi (o almeno di alcuni dei più significativi).
L’idea che le primarie 2009 del PD siano l’ennesima tappa di uno scontro culturale, personale, e politico iniziato nella FGCI degli anni ‘70 è un dato che a molti appare talmente scontato da divenire, per così dire, “non giudicabile”. Che ci siano nell’apparato di vertice del PD pochissimi dirigenti che non siano stati, ormai un ventennio fa, quadri o dirigenti junior e senior della DC o del PCI sembra un dato così banale da apparire invisibile. Eppure si tratta, in termini storico-politici, di un’anomalia impressionante. Che i tempi, i modi, i contenuti e le scelte di un partito “nuovo” vengano dettati da una classe dirigente che porta, come titolo d’onore, essenzialmente le medaglie delle battaglie perse non è, per dirla dalemianamente, una cosa da “paese normale”.
La candidatura di Marino da questo punto di vista suona la sveglia. Quanto forte la suonerà, ancora non sappiamo. Ma in un modo o nell’altro la suonerà.
Inoltre, i temi che maggiormente qualificano il curriculum e la proposta di Marino (a cavallo tra bio-politica e sanità), rendono la sua candidatura eccessivamente tematica, se non mono-tematica, e quindi offrono un’idea non di specializzazione, ma di parzialità e di debolezza, che male si attaglia ad un politico che intenda conquistare e governare il maggiore partito dell’opposizione. Nel contempo la reazione che questo connotato sta suscitando è molto significativa. Che Fassino definisca “laicista” la candidatura di Marino è un segno, certo ridicolo, ma non meno eloquente, di paura. Marino (che, se vogliamo metterla in questi termini, è assai meno “laicista” di molti supporter di Bersani e di Franceschini) è semplicemente uno che pensa che sui temi bio-politici il PD debba uscire da una situazione di obiettiva e obbligata paralisi. Di più: è uno che ritiene che quello bio-politico sia uno dei campi in cui alla cultura politica del Paese (e non solo del PD) è richiesta la maggiore capacità di innovazione e mediazione. Una capacità che comporta scelte prudenti e drammatiche, ma esige comunque delle decisioni. Che necessita di una moderazione pratica, ma non di una perenne disputa teorica. Marino non promette fughe in avanti, ma si impegna ad un comportamento coerente con l’obiettivo di assicurare una disciplina normativa (sul fine vita, ma non solo) che non discrimini, né in positivo né in negativo, i cittadini e che riconosca loro un comprensibile “primato morale” rispetto ogni decisione che riguardi le loro scelte di cura. Il PD – dalla legge 40 a quella sul fine vita – si è mosso finora nella logica opposta: quella che coniuga il massimo del pluralismo ideologico nella vita politica interna con il massimo dell’immobilismo normativo nell’attività legislativa e di governo. La posizione del PD non ha “contenuto” ma si situa in un punto di equilibrio mediano tra le diverse posizioni, che non coincide di fatto con la posizione (né con l’interesse) di nessuno. Il PD, su questi temi, sta in piedi se sta fermo. Se prova a “muoversi”, cade. Questa condizione lo pone in grande difficoltà sia all’interno, sia, soprattutto all’esterno, nel confronto con un partito come il PDL, che su questi temi (purtroppo) non mostra alcun timore né alcuna remora, e dà spregiudicatamente corso sul piano legislativo ad un robusto “massimalismo bio-politico”.
Per queste e altre ragioni, possiamo sperare nel fatto che alla fine Marino non si limiterà a fare il “guastafeste”, ma darà un contributo assai più sostanzioso e utile alla dialettica interna del PD, che peraltro dalle parti del PDL si farebbe bene a continuare a seguire con rispetto e attenzione, senza sensi di superiorità o di disprezzo di cui ci si potrebbe presto pentire.

CREDITS: Libertiamo

lunedì 6 luglio 2009

Happy Birthday, America!

Con un paio di giorni di ritardo dovuti al maltempo atroce della Pianura Veronese (ke ha qdi sconsigliato l'uso della tecnologia...), porgo i miei migliori auguri alla più grande Nazione del Mondo, gli Stati Uniti d'America.

Buon 4 luglio, fratelli d'Oltreoceano!

venerdì 3 luglio 2009

Omosessualità depenalizzata in India

In un momento in cui, dal mondo, arrivano solo notizie angoscianti, ecco uno spiraglio di luce che viene da lontano...

Dopo anni di discriminazioni, in India è stato finalmente depenalizzato il cosiddetto "reato di omosessualità".

Un segnale importante per la democrazia e, soprattutto, per i diritti fondamentali dell'umanità.

Si tratta di una vittoria importante, ma la "guerra" è ancora tutta da vincere, se pensiamo che in Paesi come il "solito" Iran o la Nigeria, siffatto "peccato" è punito con la pena di morte...