Repubblica.it, è Valter Lavitola il responsabile della “patacca”
La “patacca”, come la chiamano i finiani, avrebbe ora anche un nome e un autore. Secondo le indiscrezioni rivelate da Repubblica.it, nella produzione del documento sarebbe coinvolto Valter Lavitola. Mentre Italo Bocchino ad Annozero parla di un altro personaggio, giornalista e redattore dell’agenzia di stampa il Velino, che avrebbe lanciato la notizia di un’inchiesta dei servizi segreti verso i Caraibi.
Lavitola – che ha reagito annunciando possibili querele – è una vecchia conoscenza di casi giornalistici. Dal 1996 è editore dell’Avanti, il quotidiano del Partito socialista che nel gennaio del 1998 pubblicherà il falso dossier Demarcus per gettare fango su Stefania Ariosto. Neanche una settimana e lo stesso Demarcus finirà in prigione. Nel 2004 Lavitola si candida alle elezioni europee per Forza Italia dopo una lunga militanza, dal 1984, dentro il Partito Socialista Italiano. Nel 1996 rileva la storica testata del partito alla cui guida siederà per primo Sergio De Gregorio, quello stesso De Gregorio che, eletto nel 2006 nelle file dell’Italia dei Valori salterà la barricata per passare con l’opposizione.
Oltre a Lavitola, però, comparirebbe un altro uomo, che a dire del finiano Italo Bocchino avrebbe dato notizia che i servizi segreti per il caso Tulliani stavano indagando sui Caraibi. Capita il 17 settembre scorso quando il Giornale dà la notizia citando alcuni articoli de il Velino. L’autore è Vittorugo Mangiavillani, redattore anzi inviato, così si legge dal sito, de il Velino, agenzia di stampa gestita dalla società Impronta srl con sede in via del Tritone 169 a Roma e diretta da Lino Jannuzzi. Classe ’49, siciliano di Piazza Armerina in provincia di Enna. Giornalista, ma soprattutto grande conoscitore dei giochi interni ai servizi segreti italiani come si capisce scorrendo i suoi articoli sui vari cambi di nomine all’interno delle varie agenzie. Non solo. A lui piacciono gli scoop. Pilotati? Nessuna prova, ovviamente, ma qualche dubbio sì. Il punto è l’inchiesta Why not dell’allora pm Luigi De Magistris. Indagine iniziata e poi abortita anche grazie a strane fughe di notizie. A dare il là è proprio lui, Mangiavillani che il 30 luglio 2007 ne dà notizia su il Velino. Da quel giorno Il Velino ma anche Libero almeno in altre tre occasioni anticipano fatti e nomi, compresa l’iscrizione nel registro degli indagati del ministro della Giustizia, Clemente Mastella.
Titolare dell’azienda agricola il Normanno in provincia di Enna, Mangiavillani per ben due volte è vittima di atti vandalici. La sua casa di campagna viene devastata una prima volta nel luglio del 2000. All’epoca riceve la solidarietà del capogruppo dell’Udeur alla Camera Roberto Manzione. Due anni dopo ci risiamo. A essere danneggiata è una sua proprietà in contrada Ciavarini in piazza Armerini
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Le domande che a St Lucia non trovano risposta
“Il ministro non c’è. E’ fuori dal Paese. Richiami tra una settimana ”. Questa è la risposta che si ottiene chiedendo di L. Rudolph Francis, ministro della Giustizia di St Lucia. Dopo l’iniziale disponibilità dei segretari, arriva la dichiarazione ufficiale: sono irreperibili sia il primo ministro, sia il ministro della Giustizia. Assenti per una settimana. Le loro risposte quindi arriveranno, se arriveranno, tra almeno sette giorni. Ma a quel punto, il voto sui cinque punti programmatici su cui Berlusconi potrebbe chiedere la fiducia al Parlamento sarà già passato e ogni nuova informazione sarà ininfluente sulle decisioni dei parlamentari.
Nessuna conferma dalle autorità di St Lucia sulla autenticità di un documento che oggi pesa molto nel dibattito politico italiano, al punto da spingere due quotidiani – Libero e il Giornale – a chiedere le dimissioni del presidente della Camera Gianfranco Fini. Si tratta della fotocopia di una presunta lettera “riservata e confidenziale” con cui il 16 settembre Francis avrebbe comunicato al capo del Governo che il proprietario e beneficiario (beneficial owner) delle società Timara e Printemps a cui è intestato l’ormai famigerato appartamento di Montecarlo è il signor Giancarlo Tulliani. Proprietario e locatario dell’immobile monegasco sarebbe quindi il cognato del Presidente della Camera. Da qui, le accuse di menzogne rivolte a Fini.
Ma che interesse può avere il governo di St Lucia a individuare il proprietario di una società off shore sotto la sua giurisdizione? Nella lettera il ministro della Giustizia racconta che la richiesta di informazioni è motivata dalla “possibile pubblicità negativa legata alle informazioni fornite da giornali internazionali” su società di St Lucia. Impossibile domandare altro, resta il fatto che l’isola è un paradiso fiscale con un livello di trasparenza inadeguato per gli standard internazionali e che normalmente informazioni dello stesso genere non vengono ricercate nemmeno su richiesta di autorità di paesi esteri.
Eppure la notizia, ripresa oggi in prima pagina sul Giornale, per quanto “riservata e confidenziale” era stata pubblicata nei giorni scorsi su due quotidiani di Santo Domingo, il Listin Diario e El Nacional. Entrambi gli articoli sono targati “Roma”, come se i pezzi provenissero da un corrispondente estero. E l’autore del primo articolo apparso sul quotidiano El Nacional mostra una approfondita conoscenza della politica interna italiana e fornisce precise notizie sulla rottura tra Fini e Berlusconi. Ad esempio i particolari del discorso tenuto a Mirabello con cui Fini ha sancito il definitivo smarcamento dal Pdl.
Resta poi un altro dubbio, quanto vale a Santo Domingo uno scoop che coinvolge un politico italiano, per quanto prestigioso, per spingersi a pubblicare la corrispondenza privata tra un ministro e il capo del governo?
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La telefonata anonima dal Governo di Saint Lucia ad Annozero: “Quella lettera è falsa”
C’è anche una telefonata alla redazione di Annozero a creare un ulteriore elemento di suspence nel giallo di Montecarlo. Che forse sarebbe meglio definire ormai il giallo di Saint Lucia. Intorno alle ore 22 e 20 di ieri, durante la trasmissione Annozero, un funzionario della direzione della Rai avvisa la redazione che un esponente del Governo di Saint Lucia vuole intervenire. La telefonata viene passata a un redattore del programma, Andrea Casadio, che parla un inglese fluente. L’uomo dice di essere a Ginevra (dove in quelle ore era il ministro Francis all’insaputa della stampa italiana) si qualifica come appartenente all’entourage “della moglie del ministro degli Esteri di Saint Lucia” ma si rifiuta di fornire le sue generalità e quelle della moglie del ministro che – come si evince dal sito del Governo dello Stato caraibico – si chiama Rudolf Bousquet. Il sedicente David sostiene di trovarsi in Svizzera perché le “famiglie dei ministri sono stati invitate a lasciare l’isola”. Precisa di parlare solo confidenzialmente con il giornalista e che il Governo non farà dichiarazioni ufficiali. Aggiunge che “Saint Lucia è piena di uomini dell’intelligence di Libia, Russia e Italia”. Sulla lettera del ministro della giustizia Francis, il sedicente amico della moglie del ministro Bousquet dice: “quel documento è falso”. Non solo. Aggiunge che “una grande società italiana” avrebbe chiesto di fare qualcosa al Governo di Saint Lucia. Poi accenna a minacce. Questa è la trascrizione della telefonata (audio 1 e audio 2).
Mi può dire il suo nome?
Non posso, mi spiace. Sono qui con la moglie del Ministro degli Esteri di Saint Lucia. Lei ha ricevuto molte chiamate da amici suoi sul vostro programma Anno Zero. Stavamo guardando… Ora siamo in Svizzera per affari… La moglie del ministro vorrebbe dire qualcosa… Ho appena chiamato il nostro governo e il nostro governo non ha assolutamente nulla da dichiarare. Ma la mia amica vorrebbe dire qualcosa…
Lei è il Primo Ministro?
No, sono solo un amico della moglie del Ministro degli Esteri…
Mi può dire il suo nome?
Mi può chiamare David.
E la moglie del Ministro può dirmi il suo nome?
Non posso dirlo, mi spiace.
E’ segreto? E’ una dichiarazione ufficiale?
No. Il nostro Governo non rilascia alcuna dichiarazione ufficiale. Ma la moglie del Ministro vorrebbe dire qualcosa perché ha paura. Se lei è interessato…
Mi sta dicendo che il governo di Saint Lucia non rilascia alcuna dichiarazione ufficiale al riguardo?
Sì, esatto. Ma posso dirle una cosa. Io solo so che ora Saint Lucia è piena di uomini dell’intelligence di Russia, Libia e Italia. Non per una operazione coperta dal segreto… ma piena di turisti… se capisce cosa intendo..
Sono lì e fanno finta di essere turisti ma sono spie, è questo che intende?
Voglio dire che in questo periodo ci sono molti turisti a Saint Lucia, e il nostro governo ha scoperto che questi turisti vengono dalla Russia e dalla Libia. La sola cosa ufficiale che sappiamo è che una corporation di intelligence Italiana ha chiesto qualcosa al nostro governo e non posso dire di più. Una corporation italiana ha chiesto qualcosa al nostro governo… su documenti e… la moglie dice che hanno richiesto al nostro governo di fare e dire qualcosa che riguarda il governo italiano… circa case e altre cose… ma il nostro governo si è rifiutato di farlo. Dopodiche’ Saint Lucia è diventato un paese pieno di turisti… intelligence russa e libica. Capisce cosa voglio dire?
Devo considerare queste dichiarazioni confidenziali?
Assolutamente confidenziali. Ma vorrei informarla di una cosa. Ora la moglie del ministro non desidera più parlare con e apparire in televisione. Ma ci teneva a farle sapere questo. Sta a lei decidere se vuole approfondire la questione o no. Le famiglie di tutti i ministri di Saint Lucia sono state invitate a lasciare l’isola. Tutte le famiglie di tutti i ministri, a parte due o tre, sono state invitate dal governo a lasciare Saint Lucia per qualche giorno.
Come misura precauzionale?
Potrebbe esserlo. Io faccio parte dell’entourage della moglie del ministro degli esteri. Le informazioni della nostra intelligence ci dicono che la Libia ha mandato agenti, che la Russia ha mandato agenti per parlare col nostro governo, e poi, alcuni giorni dopo, è accaduto che i vostri giornali hanno pubblicato un documento falso…
Falso? Lei dice che è falso? Lo conferma?
Assolutamente. Falso. Non è una dichiarazione ufficiale del governo di Saint Lucia, ma è un falso.
Il nostro governo ha detto a tutte le famiglie, ai membri del governo, all’intelligence, di non dire nulla al momento, perché il Primo Ministro non sa cosa fare per ora. Dovremo parlare con gli italiani e i libici e i russi. Così dice la moglie del Ministro. Poi parleremo. Siamo via dall’isola da una settimana e la moglie del primo ministro ha paura. Io sto traducendo quel che mi dice, le faccio da interprete. Lei voleva dire qualcosa agli Italiani, perché l’Italia è il cuore della faccenda, pensa. E’ da lì che parte tutto. Non possiamo parlare con altri giornali… Quando abbiamo contattato quelli di Santo Domingo abbiamo ricevuto delle minacce, non so se capisce cosa voglio dire. Lo so che tutto questo le può sembrare strano, potrei essere un pazzo o uno stupido ma non lo sono. La moglie del ministro voleva parlare nel suo programma, ma ora ha appena ricevuto una chiamata da suo marito che le ha detto che la vostra compagnia la Rai, lo ha chiamato… Vi abbiamo chiamato e qualcuno ci ha contattato e lei si è spaventata… Se vuole sviluppare questa notizia, lo faccia, è a sua discrezione. Può dire che la notizia proviene dall’entourage del Ministro degli esteri. E voglio dire un’ultima cosa. Il nostro Primo Ministro non dirà nulla. Ci ha detto che entro un mese sarà tutto finito, niente più libici, russi o italiani. Questo è tutto. Ora mi spiace dobbiamo chiudere, stiamo partendo. Grazie per averci ascoltato. La moglie del ministro le dice Felicidad, che significa Grazie.
Grazie, arrivederci…
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Saint Lucia, il primo ministro:
“Nessuno di noi è al sicuro”
Ad aumentare la confusione sulla piccola isola dei Caraibi, una settimana fa c'è stato un omicidio in uno degli uffici del governo. Una storia di gang, non di servizi segreti
Membri del governo che non si fanno trovare. Turisti che sembrano agenti segreti libici e russi. Documenti veri che paiono finti. Oppure finti che qualcuno cerca di far passare per veri. Altro che pace e tranquillità, come uno si aspetta da una piccola isola dei Caraibi. A Saint Lucia è il momento della confusione. E ci si mette pure il primo ministro Stephenson King, che dal giornale on line St. Lucia Star avverte: “Nessuno di noi è al sicuro!”. No, questa volta, non c’entrano Giancarlo Tulliani e suo cognato Gianfranco Fini. Né c’entrano i servizi segreti italiani. Questa volta c’entra l’assassinio che una settimana fa è avvenuto negli uffici del primo ministro. Lì sparano pure nei palazzi del governo.
Secondo quanto racconta il St. Lucia Star, il 17 settembre scorso il primo ministro stava ricevendo in uno dei suoi uffici i propri elettori. Un ragazzo, Alfred Richard detto “Ding Ding”, si era presentato per chiedere aiuto nella ricerca di un lavoro. Stava aspettando nella veranda, quando qualcuno lo ha ucciso con tre colpi d’arma da fuoco. Una storia di gang, secondo la polizia. “Sull’isola nessuno di noi è al sicuro – ha commentato il primo ministro –. C’è bisogno che ognuno di noi assuma il controllo della situazione esistente”.
Ma il controllo della situazione, dopo qualche giorno, sembra essere completamente sfuggito di mano ai governanti di Saint Lucia. Invasa da agenti segreti che arrivano dall’Italia, come ha scritto Il Giornale una settimana fa. O dalla Libia e dalla Russia, coma ha denunciato ieri sera in una telefonata ad Annozero un sedicente amico della moglie del ministro degli Esteri: “Da due settimane l’isola è piena zeppa di agenti segreti libici, russi e italiani travestiti da turisti – ha raccontato –. Siamo in Svizzera. Chiariremo tutto tra un mese”.
Magari questi agenti sono pure coinvolti nel confezionamento della lettera “privata e confidenziale” per il primo ministro, mittente il Guardasigilli Lorenzo Rudolph Francis, in cui si dice che è di Giancarlo Tulliani la società off shore proprietaria della casa di Montecarlo. Se è così, allora ha ragione Italo Bocchino, che ha parlato di lettera “patacca”. E a essere confuso è il ministro della Giustizia di Saint Lucia che, dalla Svizzera, ha detto a Il Fatto Quotidiano: “Quel documento è vero”.
Se invece la lettera è autentica, a far confusione è il funzionario della stamperia di Stato che, sentito da ilfattoquotidiano.it, ha affermato che l’intestazione della lettera è diversa da quella ufficiale. E, forse, confusi sono pure i ministri di Saint Lucia, che fanno nomi e cognomi di chi porta soldi nel loro paradiso fiscale, anziché mantenere il riserbo. A questo punto, meglio per loro passare qualche giorno altrove e non farsi trovare sull’isola. Per chiarirsi un po’ le idee. E per non esserci, se qualche altra gang spara in un palazzo del governo.
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Seconda Repubblica al veleno
Adesso che il tappo è saltato, diventa chiaro a tutti perché Silvio Berlusconi premier non conviene. Mai prima d’ora, nella storia della Repubblica, si era assistito a una simile guerra di dossier. E soprattutto, mai all’interno della stessa maggioranza parlamentare si erano sentiti volare simili scambi di accuse. Mentre l’esecutivo non governa, i berluscones chiedono nuovamente le dimissioni del presidente della Camera, Gianfranco Fini. E lo fanno sulla base di una presunta lettera segreta del governo di Santa Lucia che inchioderebbe suo cognato Giancarlo Tulliani per l’affaire di Montecarlo. Una lettera di cui nessuno in Italia ha mai visto l’originale.
I finiani rispondono ringhiando. Secondo loro, dietro il documento lanciato da un sito Internet di Santo Domingo e ripreso senza se e senza ma da Il Giornale e da Libero, ci sarebbe un’operazione orchestrata da Valter Lavitola. Un editore amico di Berlusconi e soprattutto proprietario de L’Avanti già nel periodo in cui (1997) l’ex glorioso quotidiano socialista pubblicava, sotto la direzione dell’attuale senatore Pdl Sergio De Gregorio, falsi dossier sulla supertestimone Stefania Ariosto. Il panorama, insomma, è disgustoso. Ma, bisogna ricordarlo, non è un’assoluta novità. Alle prove generali si era già assistito prima, nel 1995 quando Berlusconi e Cesare Previti producevano personalmente in tribunale registrazioni taglia e cuci di testimoni per mandare sotto processo Antonio Di Pietro. E poi, nel ‘96, quando ad Arcore veniva ricevuto un maresciallo dei carabinieri che poco dopo avrebbe calunniato l’intero pool di Mani Pulite. Oggi, però, è stato fatto un passo avanti. La tecnica del veleno si internazionalizza. Così accade che non appena la stamperia di Stato di Santa Lucia dice che l’intestazione della presunta lettera anti-Tulliani non corrisponde all’originale e invita i giornalisti de Il Fatto a contattare il ministero della Giustizia, il ministro della Giustizia in persona, dopo tre giorni di silenzio, accetta di parlare: “Il documento è vero”, afferma. Aggiungendo però che i chiarimenti arriveranno lunedì. E così altre due cose diventano chiare: mai prima d’ora il governo di un paese off-shore aveva parlato pubblicamente della sua clientela. Mai prima d’ora l’Italia era stata vicina non ai paradisi fiscali, ma alle vecchie dittature centro-americane.
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007, Licenza di infangare. Cimici e nastri, da Pollari a Marrazzo
Il finiano Raisi: "Sulla vicenda Tulliani, qualcuno ha dato una mano ai giornali del premier". Poi c'è un ex affiliato P2 punto di convergenza tra cricche e "bande larghe"
Ascrivere che c’è la manina dei Servizi segreti nella campagna contro Gianfranco Fini è una fonte insospettabile, il Giornale: agenti dei servizi e della Guardia di finanza – racconta il 17 settembre il quotidiano della famiglia Berlusconi – sono stati inviati a Saint Lucia, l’isola dei Caraibi dove sono domiciliate le società che hanno comprato l’appartamento di An a Montecarlo poi affittato dal cognato di Fini, Giancarlo Tulliani. Secca smentita, ieri, della presidenza del Consiglio: “Le illazioni, le voci e le congetture apparse su alcuni quotidiani in relazione a una presunta attività di dossieraggio sono assolutamente false, diffamatorie e destituite di ogni fondamento”. Bene, commenta Italo Bocchino, capogruppo di Futuro e libertà: “Palazzo Chigi ha fatto benissimo a definire irresponsabili le illazioni sul coinvolgimento dei nostri servizi d’intelligence in operazioni di dossieraggio politico-scandalistico”. Ma, visto il passato dei nostri servizi, non si può “avere la certezza che, come accaduto in passato, non ci siano azioni torbide, illegali, deviate”.
La denuncia di Briguglio
Un altro deputato di Futuro e libertà, Carmelo Briguglio, componente del Copasir (il comitato parlamentare che vigila sui servizi di sicurezza) chiede di approfondire, “al di là delle smentite ufficiali, sia la possibile partecipazione a questa azione di dossieraggio di pezzi di servizi deviati, sia l’attività della nostra intelligence a tutela delle massime cariche della Repubblica”. Briguglio già l’11 agosto scorso aveva evocato, proprio in un’intervista al Fatto Quotidiano, l’ombra dei servizi: “Ogni qualvolta ci sono vicende ad alta tensione politica, spunta sempre una manina, con carte di natura scandalistica che poi, come è già successo nel caso Boffo, si risolvono in un nulla di fatto”. Così, rivelava il deputato, “ci sono stati colleghi parlamentari di area finiana che sono stati spiati e filmati”.
Il riferimento era a Bocchino, che “è già stato sentito dal Copasir e c’è un’indagine interna in corso”. Dopo mesi di “rivelazioni” e polemiche, le ombre, invece che diradarsi, si sono moltiplicate. Così ora è possibile cominciare una prima rassegna dei personaggi e degli interpreti, dei meccanismi e degli strumenti coinvolti nell’operazione “distruggere Fini”. Il primo livello, quello visibile, è costituito dai giornali che da mesi stanno conducendo un’ossessiva, monomaniacale campagna contro il presidente della Camera.
Intendiamoci: le inchieste giornalistiche ci piacciono ed è nonsololegittimo,maanchemeritorio fare luce sui retroscena dei potenti. La campagna sulla casa di Montecarlo realizzata dal Giornale e da Panorama (di proprietà della famiglia Berlusconi) e Libero (testata posseduta dalla famiglia Angelucci) è però troppo simile a un’operazione di vendetta condotta dal presidente del Consiglio contro un uomo politico considerato ormai un traditore e un nemico. Accanto ai giornali di Berlusconi o a lui vicini, è stato indicato, come motore della campagna, anche il sito Dagospia, che effettivamente ha inventato e praticato prima di tutti il genere letterario “sputtanare Fini e famiglia Tulliani”. Roberto D’Agostino è un simpatico guastatore che si diverte a sparare su tutto e tutti e, nella sua furia iconoclasta, finisce spesso per fare dell’ottimo lavoro giornalistico. Ma sulla vicenda Fini-Tulliani qualcuno potrebbe avergli dato un aiutino per trovare materiale da mettere in circolo: è quanto sostiene un altro finiano, Enzo Raisi, che parla di “polpette avvelenate” passate a Dagospia. Sito che, dice Raisi, avrebbe “rapporti con i servizi segreti”.
Senza scomodare le barbe finte, c’è un nome che viene da giorni evocato e sussurrato a mezza voce a proposito di questa vicenda: Luigi Bisignani. È lui l’uomo che, secondo gli amici di Fini, passa notizie a Dagospia. Il sito è da tempo attivo in due campagne: quella contro il presidente della Camera e quella contro Alessandro Profumo, il “Mister Arrogance” fino a martedì sera al vertice di Unicredit. Bisignani ha un ruolo in entrambe le partite. È l’uomo che collega, che realizza campagne, che rende operative le strategie e realizza i desideri dei suoi autorevoli referenti politici (Gianni Letta), finanziari (Cesare Geronzi), economici (Paolo Scaroni). È il punto alto di convergenza tra “cricche” e “bande larghe”, vecchie e nuove P2. Uomo brillante e intelligente, scrive romanzi gialli e parla, oltre che con Letta e Geronzi, con Angelo Balducci, con Guido Bertolaso, con Denis Verdini, con Pier Francesco Guarguaglini… Con Daniela Santanchè, sua compagna fino a qualche tempo fa, aveva anche progettato di rilevare il Giornale. Bisignani ha davvero, come sostengono i finiani, rapporti anche con Dagospia?
L’ombra di agenti segreti
Più sotto, in questa vicenda a più piani che ripropone l’eterna storia italiana della politica fatta a colpi di dossier, si muove l’ombra dei servizi segreti. Controllati da Palazzo Chigi, attraverso il sottosegretario delegato, Gianni Letta. Oggi come ai bei tempi di Niccolò Pollari, direttore dell’intelligence militare (che allora si chiamava Sismi, oggi Aise), e di “Shadow”, la sua ombra, il diligente funzionario Pio Pompa che a partire dal 2001 ha accumulato nel suo ufficio di via Nazionale a Roma una mole imponente di dossier illegali su magistrati, giornalisti, politici, intellettuali d’opposizione, considerati“nemici”di Berlusconi da“disarticolare, neutralizzare e dissuadere”, anche con “provvedimenti” e “misure traumatiche”.
Allora furono messi in circolo da Pompa, tra l’altro, falsi dossier su Romano Prodi. Anni dopo, la macchina del fango si è rimessa in moto per azzoppare il governatore del Lazio, Piero Marrazzo, non senza contorti passaggi di documenti e informazioni tra Vittorio Feltri, il direttore di Chi Alfonso Signorini e Silvio Berlusconi. E proprio a lui fu portata, la vigilia di Natale del 2005, l’intercettazione segreta tra Piero Fassino e Giovanni Consorte (“Siamo padroni di una banca?”): almeno secondo quanto racconta il faccendiere Fabrizio Favata. Pochi giorni dopo, quella telefonata finì sulla prima pagina del Giornale. Il Parlamento, che dovrebbe vigilare sull’intelligence con il Copasir, naturalmente non riesce a bloccare eventuali manovre illegali. Anche perché la legge che nel 2007 ha riformato i servizi ha allargato gli spazi d’impunità di cui possono godere. Si è dilatata anche l’area coperta dal segreto di Stato. E poi le operazioni più delicate (e compromettenti) sono realizzate ai margini dei servizi. Da che mondo è mondo, le operazioni sporche si fanno con gli “irregolari”.
Da il Fatto Quotidiano del 24 settembre 2010
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La pistola c’è, il fumo no
Alla fine ha cominciato a preoccuparsi persino il direttore di Libero Maurizio Belpietro. “Non vorrei”, ha scritto domenica, mettendo le mani avanti, “che i professionisti della polpetta avvelenata stessero provando a rifilare bidoni ai giornali impegnati in un’operazione trasparenza”.
Un chiaro segnale di come, anche tra i fedelissimi del Cavaliere, serpeggi sempre più forte l’impressione che puntare tutto sulla storia dell’appartamento di Montecarlo per far fuori (politicamente) Gianfranco Fini, sia stato un errore.
“Ecco i documenti che smentiscono Fini” aveva titolato sabato a tutta pagina Il Giornale riproducendo la ricevuta dell’acquisto di una cucina Scavolini da parte di Elisabetta Tulliani. Peccato però che il documento non dimostri niente.
La fotocopia racconta solo che la compagna del presidente della Camera ha acquistato dei mobili nel centro Castellucci, alla periferia di Roma. Non che quei mobili siano poi stati inviati nel principato di Monaco. E nemmeno le parole di Davide Russo – un “impiegato” del negozio che sostiene di essersi dimesso proprio per poter rispondere alle domande del quotidiano di via Negri senza mettere in imbarazzo i suoi datori di lavoro – riescono a chiarire il mistero.
Quando gli chiedono se davvero la cucina fosse diretta a Montecarlo lui risponde: “La certezza non posso averla”.
Insomma la pistola fumante, che già venerdì aveva spinto Vittorio Feltri a scrivere, “Fini mente: ecco la prova”, non c’è. E adesso l’ennesimo attacco a colpi di dossier e rivelazioni del direttore de Il Giornale al capo dei ribelli del centrodestra, minaccia di risolversi in favore di quest’ultimo.
Che cosa accadrà se nelle prossime ore, come giurano più o meno tutti i finiani, il presidente della Camera convocherà i giornalisti per mostrare l’ormai celebre cucina installata in un italianissimo appartamento?
Certo, la vicenda resta tutt’altro che chiara. La casa di Montecarlo è stata venduta sotto-costo. Il fatto che la occupi il troppo silenzioso fratello di Elisabetta Tulliani lascia aperta la porta ai sospetti. Ma l’affaire monegasco rispetto agli scandali e le inchieste, condite di circostanziate prove, in cui è rimasto invischiato il Cavaliere, è davvero poca cosa. E ora cominciano a pensarlo pure gli elettori del Pdl.
Certe campagne stampa per avere successo si devono risolvere nello spazio di un mattino. Il Caimano deve adocchiare la preda e sbranarla nel giro di un secondo. Perché una seconda possibilità non ce l’ha. Nemmeno se si chiama Berlusconi.
Non per niente anche i nuovi testimoni (l’ultimo un certo Luciano Care) sfoderati per dimostrare come Fini e compagna si siano fatti vedere assieme nel Principato, cominciano per molti ad avere il sapore di patacca. E il rischio sempre più concreto (per il premier) è che l’intera storia faccia la fine dell’assalto a Antonio Di Pietro del 1994-1996.
Allora Silvio Berlusconi, suo fratello Paolo e l’avvocato Cesare Previti si erano mossi personalmente per convincere una serie di sedicenti testimoni a presentarsi in procura a Brescia per incastrare l’ex pm di Mani Pulite.
Poi grazie alle intercettazioni e alle contro-indagini di Di Pietro saltò fuori che tutti loro, o quasi, avevano ricevuto in cambio qualche promessa dal Cavaliere. L’imprenditore Antonio D’Adamo fu addirittura ascoltato mentre si accordava per telefono con il leader di Forza Italia per ottenere molti miliardi di lire di affidamento da una serie di banche e degli appalti in Libia dal colonnello Gheddafi.
“Papà, ma tu sei riuscito a fare qualcosa per lui?”, chiedeva la figlia di D’Adamo al padre il 7 settembre del ’95. E l’imprenditore, prima di diventare il grande accusatore dell’ex Pm, rispondeva: “Certo Patrizia, c’è tutta una contropartita”. Più chiaro di così.
Anche per questo oggi è ovvio domandarsi quale sia (se esiste) la contropartita dei testimoni anti-Fini. E se emergeranno (cosa tutt’altro che improbabile) pagamenti o la garanzia di contratti o di posti di lavoro, il pasticcio in salsa previtiana, sarà completo.
Risultato: la campagna di agosto del Cavaliere che mirava a spingere almeno una decina di parlamentari finiani a tornare all’ovile fallirà. E Berlusconi si troverà a fare i conti con il problema Bossi.
Il senatur, è vero, continua a giurare di essergli fedele. Ma la macchina del fango e dei ricatti messa in moto dal premier, se non porterà alla scoperta di elementi che inchiodano davvero Fini, finirà per spaventare ancor di più gli elettori.
Già ora i sondaggi dicono che nel nord a fare il pieno di voti sarà la Lega. Questo, vuol dire che il Pdl in caso di elezioni anticipate, avrà trenta parlamentari in meno. E allora perché i deputati e senatori di Berlusconi dovrebbero accettare di andare alle urne solo per perdere le loro comode poltrone?
Agosto è ancora lungo, è vero. Ma i continui colpi di cannone che partono dalle corazzate mediatiche del premier e finiscono fuori bersaglio, sembrano avvicinare il Paese a un fatidico nuovo 8 settembre.
Quel giorno per la democrazia sarà un armistizio. Per il Cavaliere una sconfitta.
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