venerdì 30 luglio 2010

Futuro e Libertà

giovedì 29 luglio 2010

Tirate l'acqua, please, c'è aria di stronzata feltriana...

LA PRESUNTA CASA A MONTECARLO DI FINI : PERDENTE FELTRI SI SCHIANTA ALLA CHICANE
COME CON BOFFO, ALLA FINE SARA’ COSTRETTO ALLE SCUSE PER EVITARE LA RADIAZIONE DALL’ALBO: LA CASA DI 40 MQ LASCIATA AD AN E’ STATA VENDUTA CON ATTO REGISTRATO E MESSA A BILANCIO DEL PARTITO… IL COGNATO DI FINI HA UN REGOLARE CONTRATTO DI AFFITTO REGISTRATO

Due giorni di serrate indagini e un pugno di mosche in mano: sul circuito di Montecarlo è andato in onda il solito “gran premio dello sputtanamento” ad opera di Perdente Feltri, longa manus del padrone del vaporetto.
Per mesi è andata in onda la farsa dell’armatore che non sa mai la rotta che segue il capitano, ora i giochi sono evidenti.
Dopo aver killerato il direttore dell’Avvenire Boffo con accuse e documenti tarocco, salvo poi dover esprimergli pubbliche scuse per evitare la radiazione dall’albo dei giornalisti, dopo essersi guadagnato una raffica di querele da Fini e Bocchino, tanto paga il fratello del premier, ora “il Giornale”, in coincidenza con un attacco politico a Fini (che strane queste coincidenze…), ha provato lo scoop.
Che consisterebbe , in sintesi, nel sostenere o far intendere quanto segue:
che un appartamento lasciato in eredità ad An a Montecarlo e quindi facente parte del patrimonio immobiliare del partito, sia stato sottratto da Fini per farvi abitare Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, moglie del presidente della Camera, che non avrebbe quindi titolo a starci.
Questa la sintesi della prima puntata di ieri.
Peccato che il tesoriere di An e attuale responsabile della fondazione che gestisce il patrimonio di An, Donato La Morte, abbia ieri precisato:
1) L’appartamento di 40 mq (e non 75 come sostenuto da il Giornale), lasciato in eredità da Anna Maria Coleoni nel 1999 ad An, fu tenuto fermo per ben 6 anni, tanto è vero che (lo dice annche il Giornale) era in pessime condizioni.
Alla fine è stato venduto a una società monegasca e il relativo introito è stato regolamente iscritto a bilancio del partito.
Non solo: è servito per l’attività politica di quegli anni, contribuendo all’attivo: come confermato da La Morte e come risulta a bilancio.
Quindi Fini non si è fregato un bel nulla.
2) La società Timara Ltd che ha acquistato l’appartamentino ha fatto dei lavori di ristrutturazione minimi e poi lo ha affittato.
Probabilmente il Tulliani, che era a conoscenza dell’opportunità, ma non certo il solo a saperlo, visto che lo sapeva tutta Alleanza nazionale, si sarà precipitato a fare un’offerta per averlo in affitto.
I suoi legali ieri, annunciando querela a Feltri; chiariscono infatti che “Tulliani ha un regolare contratto di locazione registrato e versa regolarmente il canone”.
Contratto a disposizione quindi in sede giudiziaria.
Crolla pprtanto l’accusa di viverci, per compiacenza di Fini, gratuitamente.
3) A dimostrazione del buco preso da il Giornale, oggi l’argomentazione viene spostata sul fatto se An abbia o meno rispettato il volere testamentario della Coleoni che indicava ill lascito “come contributo per la buona battaglia”. Siamo arrivati alla tesi che vendere l’immobile per realizzare denaro per l’attività politica non sarebbe “rispettare la volontà” della defunta.
Forse era meglio farne un museo delle palle dei giornalisti?
O ospitarvi uan statua equestre di Perdente Feltri mentre conduce la ritirata? Spendere i soldi di un lascito in manifesti e propaganda politica non è contribuire alla “buona battaglia”?
E fermiamoci qua perchè si sta davvero finendo nel fango per squallidi giochi politici.
Fini non è mai stato il nostro idolo, nessuno potrà mai accusarci di compiacenza verso un politico cui abbiamo per venti anni votato contro, ma c’è un limite all’indecenza.
Noi siamo gente di destra abituata a combattere a testa alta, non tirando coltellate maldestre alle spalle.
Quando siamo in disaccordo politico con Fini lo motiviamo, quando concordiamo spieghiamo il perché.
A destra si sta anche per una questione di stile.
E lo stile non è solo essere dandy nell’abbigliamento.
E’ anche avere rispetto delle persone e non prestarsi a giochi sporchi.


CREDITS: Destra di Popolo.net

QUI puoi leggere l'articolo ke traponde la chiacchierata tra Fini e l'elefantino

sabato 10 luglio 2010

Perchè i Radicali dovrebbero guadare alla parabola finiana

La politica è fatta di dialogo e di contraddittorio. Se si vuole onorare la politica, perciò, è doveroso non ridurre le proposte a monologhi o, peggio, a soliloqui. Ma bisogna saper offrire reciprocità, ascolto, parola. E’ così che si può cominciare ad avviare un cambiamento dei metodi rispetto ai vecchi sistemi chiusi e autoreferenziali utilizzati dalla (e nella) partitocrazia. E’ con il dialogo politico e culturale che si può fruttuosamente impostare o proseguire un discorso lungo il tragitto tracciato dal “metodo liberale”.

A tal proposito, è stato davvero persuasivo il recente intervento di Sofia Ventura intitolato “Terzo polo, facciamo chiarezza”. E’ un articolo che infatti sgombra il campo dagli equivoci e malintesi definendo bene, con un’analisi intelligente e appropriata, la differenza che intercorre tra “terzo polo” e “terza forza”.



Non è forse inutile, quindi, rafforzare e sviluppare il ragionamento di Sofia Ventura. Tanto più che la sua riflessione sembra cercare un completamento e non uno smantellamento del sistema politico dell’alternanza e quindi incrocia una riflessione cui sono molto affezionato, relativa all’interpretazione dell’alternanza come alternativa e alterità rispetto al blocco unico del potere partitocratico e ai suoi meccanismi di funzionamento.



Il percorso politico del presidente della Camera Gianfranco Fini si fa sempre più chiaro. Mentre il potere dominante sembra essere ancora più confuso. Quello che va forse evitato è di mettere il carro dei risultati attesi davanti ai buoi della politica da fare. Il sistema politico dell’alternanza non è in discussione. Del resto, il potere dominante e fine a se stesso, al momento, non è di destra né di sinistra. E’ trasversale. Certo, può essere bicefalo, ma resta comunque un corpo unico. Il nostro bipolarismo può diventare “bellico” e violento, ma non riesce a diventare competitivo ed efficiente. Niente a che vedere con quello garantito dal sistema uninominale o maggioritario anglosassone.



Insomma, il dominio della partitocrazia italiana è riuscito a saldare il cinismo e l’avidità dei vari addentellati del potere in un solo blocco, in un unico grande partito, in un unico polo trasversale. Quella che manca è l’alterità, cioè una grande forza politica “altra” rispetto a quella dominante. Infatti, l’odierno sistema partitocratico e illiberale, che ha avuto il sopravvento in Italia, domina, per stare alla definizione pannelliana, come una sorta di “monopartitismo imperfetto”. Non c’è, quindi, da realizzare un terzo polo, come giustamente spiega Sofia Ventura. Casomai, bisogna lavorare per costruire “l’altra forza” – “terza” rispetto ai poli del potere unico e della non politica/antipolitica di maggioranza e opposizione. Una forza riformatrice, liberale e libertaria.



Alcuni temono o denunciano che nel terzo polo finiscano col riconoscersi “i nostalgici della prima repubblica”. Ma se, come immagino Fini pensi, l’ambizione è diversa, anzi opposta a quella di un terzo polo che completi la restaurazione proporzionalistica, ci sarebbe modo di dare attuazione ad una “alterità riformatrice” che sia alternativa al “monopartitismo imperfetto”. A quel punto, direi che per i Radicali di Marco Pannella sarebbe auspicabile e necessario divenire attori e partecipi di questo progetto.



Pier Paolo Segneri - Nato a Frosinone nel 1973, è laureato in Lettere Moderne presso l’Università La Sapienza, con una tesi su Leonardo Sciascia e la mafia. Scrittore, regista e autore teatrale, scrive editoriali per riviste e quotidiani. Nel 1997 è stato consigliere comunale di Frosinone. Diplomato presso la Scuola di Liberalismo di Roma, ideatore del progetto politico della Rosa nel Pugno, che ha anticipato nel 2004 con il suo pamphlet intitolato "La rosa è nel pugno". Dal 2000 è iscritto e militante dell'area radicale.





CREDITS: Libertiamo

Terzo polo, facciamo chiarezza

- da il Secolo d’Italia del 7 luglio 2010 -

Oggi nessuno, nemmeno i principali protagonisti della vicenda, sa in che modo si uscirà dall’attuale crisi del Pdl. Diverse sono le opzioni in campo e quale di queste alla fine sarà perseguita dipende dalle mosse e dalle contromosse dei vari attori in gioco.
Tuttavia, un modo responsabile di affrontare questo momento difficile e caotico è quello di interrogarsi, oltre che su gli obiettivi di più breve termine, anche sulle prospettive di lungo periodo, sulle ricadute sul funzionamento del nostro sistema politico che certe scelte piuttosto che altre potranno produrre. Da parte dell’area finiana, a partire dal presidente della Camera, prevale la volontà di continuare a rimanere all’interno, se non del Pdl (e questa appare la prima scelta di Gianfranco Fini), comunque del centrodestra.

Naturalmente, il come dipenderà in buona parte anche dalle decisioni che saranno prese da Berlusconi e dall’influenza che su di lui avranno i falchi che non vedono l’ora di liberarsi di Fini e finiani. E dunque si evoca anche la possibilità di dare vita a una terza forza o terzo polo. Ma terza forza o terzo polo non sono la stessa cosa, ed è necessario a questo proposito fare chiarezza.

Il terzo polo è quello al quale guardano i nostalgici della Prima Repubblica. Con le parole di Follini esso comporterebbe «un’alternativa vera, sistemica», nella quale Fini si ritroverebbe a percorrere la stessa strada di Rutelli e Casini e il Pd dovrebbe smettere di «recitare la stanca litania bipolarista». Il terzo polo è quello che Rutelli, in un’intervista al Corriere, vede come via d’uscita al «fallimento del bipolarismo», laddove dovrebbe «mettere insieme le forze in grado di far riprendere la crescita».

La “litania bipolarista”, però, è quella che continuano a recitare tutte le grandi democrazie occidentali e che consente di rendere davvero responsabili i governi di fronte agli elettori, che mantengono il potere, attraverso il voto, di scegliere chi dovrà governarli e, sempre attraverso il voto, di non riconfermare chi li ha delusi, se esiste un’alternativa più promettente.

L’alternativa basata su tre poli, che noi italiani conosciamo bene, che conoscevano bene i francesi che alla fine diedero il potere a de Gaulle per uscire dal pantano della Quarta Repubblica, che conoscevano bene i tedeschi che assistettero al tragico crollo di Weimar, presuppone, invece, un modo di fare politica completamente diverso. Presuppone il passaggio della facoltà di scegliere i governi dagli elettori alle oligarchie di partito e indebolisce il rapporto di delega e responsabilità tra i primi e i secondi.

Oggi, chi è rimasto legato a questo modo di concepire la politica e il gioco democratico e, soprattutto, vorrebbe – attraverso il suo ripristino – tornare a svolgere un ruolo politico decisivo, guarda con speranza a Fini. Il quale, però, non ci sembra abbia né l’intenzione di assecondare queste speranze, né la convenienza ad annegare la propria capacità di leadership in un’operazione neocentrista, fondata su accordi tra pezzi di establishment politico e che porterebbe molta delusione tra quella parte di opinione pubblica che guarda a lui come potenziale innovatore.

Altra cosa è parlare di una terza forza. Questa potrebbe essere la via obbligata di fronte a una netta indisponibilità di Berlusconi e dei vertici del Pdl a rivedere non solo alcuni passaggi della politica del governo, ma anche la struttura interna del partito. Una terza forza federata o separata dal Pdl. Quali sfide dovrebbe affrontare una tale ipotetica formazione dipenderà, naturalmente, dalla durata della legislatura, dalla necessità o meno di dovere affrontare nuove elezioni.

Ma anche se la rottura del Pdl dovesse a un certo punto essere inevitabile e dovesse sorgere un tale soggetto, sarebbe fondamentale non perdere di vista l’orizzonte sistemico, la struttura bipolare del nostro sistema politico, che – con tutti i suoi difetti – costituisce la più importante acquisizione di questi travagliati e infiniti anni di transizione.

La politica, lo sappiamo, ha le proprie logiche, ma la politica è anche speranza e visione del futuro e non può essere ingabbiata soltanto nel breve periodo. E la politica, come scriveva alcuni anni fa Sarkozy, può anche essere capace di inventare il futuro, di proporre un avvenire e renderlo concreto. Qualunque forma assumerà questa realtà composita che oggi si riconosce in Fini, fatta di persone che non hanno rinunciato a volere realizzare il sogno di un grande partito liberale e popolare, per essere all’altezza delle aspettative e delle richieste di rinnovamento che provengono dal paese dovrà scommettere sulla modernità della politica e le sue potenzialità.

Dunque, dovrà rivolgersi prima di tutto all’opinione pubblica, ai cittadini e, se necessario, agli elettori, proponendo una concreta speranza per il futuro, anche sfidando chi ha tradito questa speranza; chi vorrà, poi, seguirà. Inseguire piccoli pezzi di establishment politico sarebbe solo un ripiego senza prospettiva; chi ha lavorato in questi anni per una destra diversa merita di più. L’Italia merita di più.

Sofia Ventura - Nata a Casalecchio di Reno nel 1964, Professore associato presso l’Università di Bologna, dove insegna Scienza Politica e Sistemi Federali Comparati. Studiosa dei sistemi politici in chiave comparata, ha dedicato la sua più recente attività di ricerca ai temi del federalismo, delle istituzioni politiche della V Repubblica francese, della leadership e della comunicazione politica.


CREDITS: Libertiamo